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Le relazioni sindacali e la contrattazione decentrata FABRIZIO MASCAGNI 1
PROGRAMMA • • • • La rilegificazione del rapporto di lavoro La innovazioni nella procedura per la stipulazione del contratto decentrato integrativo La possibilità di intervento unilaterale dell’Amministrazione sulle materie oggetto del contratto decentrato in caso di mancato accordo L’adeguamento dei contratti collettivi integrativi alla nuova ripartizione di competenze tra legge e contratto : la cessazione di efficacia dei contratti integrativi decentrati non adeguati. Il nuovo ambito delle materie di competenza della contrattazione decentrata: tempi e modi per la redazione del contratto decentrato integrativo 2010. I limiti della contrattazione decentrata integrativa. I possibili riedi a fronte di un contratto decentrato integrativo che presenta riconosciuti profili di illegittimità La responsabilità conseguenziale delle parti contraenti. La non applicazione delle clausole nulle e la loro sostituzione ai sensi degli articoli 1339 e 1419 del C. C. e l’obbligo di recupero delle somme eccedenti i vincoli finanziari imposti nella sessione negoziale successiva. L’impatto del decreto legge 31 maggio 2010 n. 78 come convertito in legge sull’applicazione degli istituti introdotti dal D. lg. 150/2009 inerenti la contrattazione. La individuazione e la disciplina delle materie oggetto della partecipazione sindacale. La disciplina dei rapporti sindacali e degli istituti di partecipazione da parte del contratto collettivo con esclusione degli atti di micro-organizzazione e di gestione del rapporto di lavoro La concertazione, l’informazione e la consultazione La delegazione di parte pubblica e la delegazione sindacale. La rappresentatività sindacale nella 2 contrattazione decentrata
In attuazione della legge delega n. 15 del 4 marzo 2009 finalizzata all’ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e alla efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni nonché disposizioni integrative delle funzioni attribuite al Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro e alla Corte dei Conti, è stato emanato il decreto legislativo attuativo n. 150 del 27 ottobre 2009 che al titolo IV capo IV ( articoli da 53 a 66) reca disposizioni per la riforma della contrattazione collettiva nazionale e decentrata. 3
La rilegificazione del rapporto di lavoro Il nuovo articolo 1 della legge n. 15/2009 capovolgendo la filosofia del secondo comma dell’articolo 2 del d. legsl. 165/2001 , ha espressamente sancito il primato della fonte legislativa , ma anche statutaria e regolamentare su quella contrattuale. Si presume di rappresentare in modo migliore l’interesse generale attraverso il primato dell’espressione legislativa su quella pattizia. In realtà si mette in discussione il percorso avviatosi nel 1993, che aveva al suo centro la contrattualizzazione del rapporto di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni che si lega inscindibilmente con il principio di distinzione tra funzioni politiche e gestione amministrativa Con il d. legisl. N. 150/2009 si va ad incidere sul decreto legis. 165/2001 modificando 31 articoli ed intoducendone 11 nuovi, inserendo quindi nel contesto di base , innovazioni derivanti da una radicale inversione di tendenza: il risultato è frammentario e di non facile armonizzazione. 4
Si cala dall’alto una disciplina, per taluni aspetti da recepire come norme di principio da parte degli enti locali tramite l’esercizio della propria potestà normativa unilaterale (statuto e regolamenti ) di carattere pubblicistico , che tende in ogni modo ad omogeneizzare la disciplina del rapporto di lavoro secondo i criteri stabiliti dalla legge. Con il precedente modello, basato sulla riserva a favore della contrattazione come garanzia dell’autonomia negoziale delle parti, si permetteva di articolare l’organizzazione del lavoro ( micro- organizzazione e gestione del rapporto) secondo la disciplina privatistica in cui la contrattazione nazionale e decentrata assumeva un ruolo primario. Con la riforma “Brunetta” viene riportata alla disciplina pubblicistica ( legge , statuto e regolamenti) tutta una serie di istituti in precedenza oggetto di normazione contrattuale ( così come generalmente continua ad accadere nel lavoro nell’impresa ) : in particolare l’articolo 31 comma 1 stabilisce che regioni ed enti locali adeguano i propri ordinamenti ai principi relativi a • articolo 17 comma 2 per il quale dall’applicazione delle disposizioni relative a “merito e premi” non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Le amministrazioni utilizzano a tal fine le risorse umane , finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente. 5
• articolo 18 relativo ai criteri per la valorizzazione del merito ed incentivazione della performance tramite l’utilizzo di sistemi premianti selettivi, logiche meritocratiche, l’attribuzione selettiva di incentivi sia economici che di carriera. E’ vietata la distribuzione indifferenziata o sulla base di automatismi di incentivi e premi collegati alla performance in assenza delle verifiche e attestazioni sui sistemi di misurazione e valutazione adottati ai sensi del presente decreto. • articolo 23 commi 1 e 2 per i quali le progressioni economiche devono essere attribuite selettivamente, sulla base di quanto previsto dai contratti collettivi nazionali ed integrativi e nei limiti delle risorse disponibili, nonché ad una quota limitata di dipendenti, in relazione allo sviluppo delle competenze professionali ed ai risultati individuali e collettivi rilevati dal sistema di valutazione • articolo 24 comma 1 e 2 riguardante le progressioni di carriera che si concretizzano in concorsi pubblici con riserva del 50% dei posti al personale interno finalizzate a valorizzare le competenze professionali sviluppate dai dipendenti in relazione alle specifiche esigenze delle amministrazioni. • articolo 25 per il riconoscimento della professionalità – come attestata dal sistema di misurazione e valutazione – ai fini dell’assegnazione degli incarichi e responsabilità 6
• articolo 26 relativo all’accesso a percorsi di alta formazione e crescita professionale • articolo 27 comma 1 riguardante il premio di efficienza , per cui una quota fino al 30% dei risparmi sui costi di funzionamento derivanti da processi di ristrutturazione , riorganizzazione e innovazione è destinata a premiare ( sino a due terzi ) secondo criteri generali stabiliti dal contratto decentrato a premiare il personale direttamente e proficuamente coinvolto e per la parte residua ad incrementare le risorse disponibili per la contrattazione stessa. Risparmi che possono essere utilizzati solo se documentati nella relazione di performance e validati dal proprio organismo di valutazione. 7
L’articolo 31 al comma 1 e 2 nello stabilire i criteri ed i principi di adeguamento da parte delle regioni ed enti locali fa esclusivo riferimento ai “propri ordinamenti” ( comma 1 ) e all’esercizio delle “rispettive potestà normative” (comma 2) : potestà normativa unilaterale e non più contrattazione. Adeguamento che deve avvenire entro il 31 dicembre 2010 (comma 4) decorso il quale si applicano le disposizioni del titolo III sino alla data di emanazione della disciplina di ente 8
L’articolo 16 comma 1 dispone espressamente che negli ordinamenti gli enti locali trovano diretta applicazione le disposizioni contenute nell’ articolo 11 comma 1 e 3 relative alla trasparenza da intendere come totale accessibilità delle informazioni concernenti : • ogni aspetto dell’organizzazione • degli indicatori relativi agli andamenti gestionali e all’utilizzo delle risorse per il perseguimento delle funzioni istituzionali • dei risultati dell’attività di misurazione e valutazione svolta dagli organi competenti al fine di favorire forme diffuse di controllo del rispetto dei principi di buon andamento e imparzialità La massima trasparenza deve essere garantita in ogni fase del ciclo di gestione della performance. Il comma 2 stabilisce poi che gli enti locali adeguano i propri ordinamenti ai principi contenuti : articolo 3 concernenti i principi generali in materia di misurazione e valutazione della performance 9
articolo 4 relativo alla caratteristiche salienti del ciclo di gestione della performance articolo 5 comma 2 per ciò che riguarda obiettivi ed indicatori, da definire adeguatamente secondo i tratti essenziali ivi indicati articolo 7 relativo al sistema di misurazione e valutazione della performance articolo 9 per gli ambiti di misurazione e valutazione della performance individuale, al fine di stabilire i criteri su cui basare la valutazione dei dirigenti e del personale responsabile di unità organizzativa in posizione di autonomia e responsabilità nonché del restante personale articolo 15 comma 1 per la competenza dell’organo di indirizzo politico amministrativo ( che ai sensi dell’articolo 42 comma 1 del TUEL - d. legisl. 276/2000 è da individuare nel consiglio comunale) al fine di promuovere la cultura della responsabilità per il miglioramento della performance, del merito della trasparenza e dell’ integrità Ai sensi del comma 3 dell’articolo 16 gli enti locali hanno tempo sino al 31/12/2010 per adeguare i propri ordinamenti , altrimenti si applicano direttamente le disposizioni del titolo II su “misurazione, valutazione e trasparenza della performance” sino all’emanazione delle proprie norme 10 regolamentari
Riportando alla disciplina legislativa molti aspetti del rapporto di lavoro, sottraendoli alla contrattazione, si ripropone il tema del riparto di competenze tra legge statale e legge regionale ed anche potestà regolamentare degli enti locali. La tendenza espressa nell’articolo 74 del decreto legislativo di attuazione, è quella di affermare il dominio della legge statale sull’insieme delle amministrazioni pubbliche : • il comma 1 individua tutta una serie di articoli qualificandoli come rientranti nella potestà legislativa esclusiva dello stato • il comma 2 per altrettanti articoli che definisce costituire principi generali dell’ordinamento ai quali si adeguano regioni ed enti locali. Indipendentemente dal vaglio di costituzionalità di tale riparto, questo approccio ripropone un modello omogeneo ed uniforme di pubblica amministrazione che appare invece lontano dalla realtà. 11
La innovazioni nella procedura per la stipulazione del contratto decentrato integrativo. La procedura per la stipulazione del contratto decentrato integrativo, trova i nuovi parametri di inquadramento nei commi 3 e 3 -bis dell’articolo 40 del D. legs. 30 marzo 2001 n. 165, come sostituiti dall’articolo 54 del decreto legislativo di attuazione. Viene innanzitutto confermata la competenza del CCNL a disciplinare i rapporti tra i due diversi livelli della contrattazione, funzionalizzando quella integrativa ad assicurare adeguati livelli di efficienza e produttività dei servizi pubblici, incentivando l’impegno e la qualità della performance ai sensi dell’articolo 45 comma 3 ( come sostituito dall’articolo 57 comma 1 lettera b del decreto attuativo ) 12
E’ un vincolo nella gestione delle risorse per i trattamenti accessori, che come sottolineato dalla circolare del Dipartimento della Funzione Pubblica n. 7 del 13 maggio 2010, che deve essere rispettato in sede di contrattazione decentrata integrativa Vincolo soggetto al controllo degli organi di cui all’articolo 40 -bis come sostituito dall’articolo 55 del d. legisl. 150/2009, ossia il collegio dei revisori dei conti, il collegio sindacle, gli uffici centrali di bilancio o dagli analoghi organi previsti dai rispettivi ordinamenti 13
A tal fine destina al trattamento economico accessorio collegato alla performance individuale una quota prevalente del trattamento accessorio complessivo comunque denominato. Disposizione che ai sensi dell’articolo 65 comma 4 del d. legisl. 150/2009 prevede per l’adeguamento un lasso di tempo scadenzato diversamente rispetto alle amministrazioni dello Stato e così definito : Al 31 dicembre 2011 per l’adeguamento dei contratti decentrati integrativi vigenti alla data di entrata in vigore del d. legisl. 150/2009 al nuovo riparto di competenza tra legge e contratto nonché a quanto previsto dalle disposizioni del Titolo III (merito e premi). In caso di mancato adeguamento i contratti decentrati integrativi vigenti cessano la loro efficacia al 31 dicembre 2012 Articolo 65 comma 5 : le disposizioni relative alla contrattazione collettiva nazionale … si applicano alla tornata successiva a quella in corso. 14
Per quanto riguarda il concetto di trattamento economico accessorio comunque denominato, in assenza di una espressa definizione contenutistica , sia da parte della legge che del CCNL, occorre tentare di definirlo in via interpretativa , in attesa che il prossimo CCNL ne dia una esatta definizione in considerazione del fatto che è il CCNL che determina i criteri per la definizione dei fondi della contrattazione decentrata • in ogni caso si riferisce a quella parte della retribuzione a carattere non fisso e ricorrente • occorre individuare nel fondo della contrattazione decentrata le risorse destinate al trattamento accessorio indipendentemente che le stesse sia finanziate nella parte fissa o variabile, secondo la disciplina dell’articolo 31 comma 2 e 3 del CCNL del 22/1/2004 • invero determinate risorse collocate nella parte stabile sono però destinate a finanziare il salario accessorio : ad esempio indennità di rischio, turno, reperibilità • Il trattamento economico accessorio è infatti caratterizzato da eventualità e da variabilità di corresponsione, perché collegato all’effettivo esercizio di una determinata attività ed eventualmente ad una durata temporale limitata, al contrario della fissità e della continuatività tipica invece del trattamento economico fondamentale. 15
I problemi interpretativi appaiono molteplici e non esenti da contraddizione. Si pensi ad esempio agli enti privi di dirigenza dove la retribuzione di posizione delle posizioni organizzative ( salario accessorio) non grava sul fondo di ci all’articolo 15 del CCNL 1/4/1999 bensì sul bilancio dell’ente. Al tempo stesso però tale quota deve essere calcolata ai fini della determinazione del 51% del totale del trattamento accessorio da destinare alla performance individuale ? Una interpretazione logica porta a considerare la quota prevalente delle risorse che gravano sul fondo? !!! Viceversa l’indennità di comparto e il finanziamento delle progressioni orizzontali ( art. 33 e 34 CCNL 22/1/2004) gravano sul fondo tra le risorse stabili e non costituiscono trattamento economico accessorio. E’ evidentemente auspicabile un intervento chiarificatore nell’ambito di quanto previsto dall’articolo 45 comma 3 del d. legisl 165/2001 come sostituito dall’articolo 57 comma 1 del d. legisl. 150/2009 che demanda ai contratti collettivi definire in coerenza con le disposizioni legislative vigenti i trattamenti accessori economici collegati : a) alla performance individuale b) alla performance organizzativa con riferimento all’ amministrazione nel suo complesso e alle unità organizzative o aree di responsabilità in cui si articola l’amministrazione 16
c) all’effettivo svolgimento di attività particolarmente disagiate ovvero pericolose o dannose per la salute Il successivo comma 3 -bis al fine di premiare il merito ed il miglioramento della performance dei dipendenti prevede che compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, siano destinate apposite risorse nell’ambito di quelle previste per il rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro Principi che nell’ambito della procedura negoziale, a regime , dovranno essere tenuti ben presenti dai vari attori che vi partecipano, ad iniziare dall’organo di vertice politico che nell’emanare le direttive alla delegazione trattante di parte pubblica, deve avere ben presente il fine proprio del contratto decentrato integrativo. Chiarito lo scopo da parte della legge, i soggetti, le materie, i vincoli e le procedure negoziali del livello decentrato sono demandate alla disciplina del CCNL 17
ultimo capoverso del comma 3 bis dell’art. 40 una volta scaduto il termine stabilito per la sessione negoziale in sede decentrata, le parti riassumono le rispettive prerogative e libertà di iniziativa e decisione. si superano i limiti di ambito di intervento che sotto questo profilo, sino ad ora, si era data la contrattazione collettiva. Normalmente le materie su cui le parti non possono effettuare scelte unilaterali, per effetto della disposizioni contrattuali sinora vigenti, sono quelle che hanno un contenuto economico. 18
In realtà l’articolo 4 comma 4 del CCNL del 1/4/1999 prevede già il termine per la conclusione della sessione negoziale decentrata , anche se preventivamente fa salvi i principi dell’autonomia negoziale : “ decorsi trenta giorni dall’inizio delle trattative eventualmente prorogabili in accordo tra le parti fino ad un massimo di ulteriori trenta giorni, le parti riassumono le rispettive prerogative e libertà di iniziativa e decisione, limitatamente alle materie indicate dal comma 2 lettere d) , e), f) ed m) dello stesso articolo 4. ” Sulle altre materie indicate dall’articolo 4 deve necessariamente essere trovato un accordo, al fine di evitare la sospensione dell’applicazione dei relativi istituti. Di conseguenza, sul piano pratico, per gli aspetti afferenti alla gestione del rapporto di lavoro è l’amministrazione che in definitiva può assumere le decisioni in maniera non dissimile a quanto accade nel caso della concertazione. La parte sindacale, viceversa, può da questo momento in poi adottare liberamente iniziative di contestazione : dalla proclamazione dello stato di agitazione sino allo sciopero. 19
La limitazione dell’ambito applicativo di questa formula di svincolo dalla contrattazione obbligatoria, che i contratti collettivi nazionali ponevano solo su materie di non primaria rilevanza, appare ora superata con l’introduzione di una previsione a carattere generale in forza di legge, che se da un lato consente alla parte pubblica di intervenire unilateralmente, ai sensi del successivo comma 3 -ter, per provvedere in via provvisoria sulle materie del mancato accordo, parimenti libera la parte sindacale nell’assumere le proprie iniziative e forme di rivendicazione. 20
Per il resto, si implementa una procedura che si sviluppa secondo una modalità di formazione complessa della volontà negoziale, caratterizzata da numerosi passaggi e soprattutto da un sistema pregnante di controllo: si veda l’articolo 40 bis del d. legis n. 165/2001 come sostituito dell’articolo 55 del decreto legislativo attuativo che disciplina il sistema dei controlli in materia di contrattazione integrativa. si ripropone con vigorosa attualità la definizione di Massimo D’Antona sui contratti collettivi delle pubbliche amministrazioni quali contratti privatistici ma “nominati”, e non di “diritto comune”, poiché la legge ne disciplina soggetti, modalità di formazione ed effetti giuridici. Con le nuove regole “speciali” introdotte dalla riforma, in controtendenza all’originario spirito che vedeva la produzione di regole ad hoc proprio finalizzate alla tendenziale omogeneizzazione tra lavoro pubblico e privato, si sposta il baricentro delle relazioni sindacali a favore della parte pubblica. 21
Lo scopo è infatti di andare a ridurre gli spazi d’intervento della fonte collettiva, per demandare la disciplina di fondamentali istituti all’esclusiva competenza della legge, o sulla base di questa ad atti organizzativi unilaterali dell’amministrazione o dell’autonoma competenza dirigenziale. Si mette così in discussione, ridimensionandone la funzione, la valenza del ruolo della fonte collettiva, privatistica e consensuale, su cui l’evoluzione del processo di privatizzazione del rapporto di lavoro aveva costruito uno dei perni fondanti. 22
La possibilità di intervento unilaterale dell’Amministrazione sulle materie oggetto del contratto decentrato in caso di mancato accordo Con l’introduzione del comma 3 -ter all’articolo 40 del D. legs. n. 165/2001 scompare quella sorta di “contrattazione obbligatoria” che i contratti collettivi nazionali volevano in qualche modo assicurare, limitando l’ipotesi della decisione unilaterale ad una serie di materie comunque non incidenti sull’erogazione delle risorse destinate al trattamento economico accessorio. Si attribuisce infatti alla parte pubblica, in caso di mancata stipulazione del contratto decentrato, l’unilaterale prerogativa di poter provvedere sulle materie di mancato accordo, anche se in via “provvisoria” e sino alla successiva sottoscrizione del contratto integrativo. Il fine è quello di dare certezza all’erogazione dei servizi, su cui la contrattazione decentrata può incidere tramite la destinazione di tutta una serie di risorse economiche legate al salario accessorio e particolarmente rilevanti per l’organizzazione del lavoro. 23
La funzione ordinante attribuita dall’ articolo 40 al contratto collettivo nazionale, viene significativamente ridotta avocando alla disciplina di legge gli effetti del mancato raggiungimento dell’accordo in sede decentrata. Si introduce così una peculiarità specifica nella contrattazione pubblica, che allontana la costruzione di un diritto del lavoro comune tra settore pubblico e privato e vanifica a livello decentrato la dinamica negoziale come strumento efficace di regolazione dei rapporti di lavoro, che nell’ottica lavoristica sino ad ora prevalente, avrebbe dovuto svilupparsi su base paritetica in un percorso di crescente privatizzazione che coinvolge, più in generale, il connotarsi stesso dell’attività dalla pubblica amministrazione 24
La contrattazione collettiva, anche a livello decentrato, è in grado di costituire un utile metodo di regolazione dei rapporti di lavoro, solo in quanto sia l’espressione di una libera attività svolta nell’interesse dei contraenti, al fine di raggiungere un risultato equo e reciprocamente condiviso. D’altro canto, è altrettanto vero che proprio questo aspetto, non di rado, si è rivelato carente nella dialettica negoziale decentrata, finendo per deludere parte delle aspettative che la privatizzazione del lavoro pubblico aveva evocato e andando a penalizzare, in ultima battuta, gli utenti fruitori dei prodotti ( in termini di funzioni e servizi ) erogati dal datore di lavoro pubblico. Al fine di assicurare il superiore interesse per la continuità e il migliore svolgimento della funzione pubblica, il legislatore della riforma è intervenuto con la norma in esame con l’intento di privilegiare, nel quadro degli interessi in gioco, quelli facenti capo alla collettività di riferimento che da un mancato accordo potrebbero subire un nocumento dal vedersi pregiudicata la continuità ed il migliore svolgimento di funzioni e servizi pubblici. 25
Fondamentale lo scopo per poter procedere unilateralmente da parte dell’amministrazione, anche per non incorrere nell’ipotesi di comportamento antisindacale di cui all’articolo 28 della legge 300/1970 : garantire la continuità e il migliore svolgimento della funzione pubblica In questo caso non vi è il riferimento alla scadenza del termine per la conclusione della sessione negoziale. Per cui l’amministrazione potrà procedere unilateralmente nel caso in cui vi sia l’oggettiva constatazione di non poter raggiungere l’accordo. Potere da esercitare sin tanto che non si perviene alla successiva sottoscrizione e solo per la finalità richiamata. La motivazione appare fondamentale per dimostrare la correttezza e la buona fede della scelta effettuata e non incorrere nel comportamento antisindacale. 26
L’articolo 11 del CCNL del 1/4/1999 stabilisce espressamente che il sistema delle relazioni sindacali è improntato ai principi di correttezza, buona fede e trasparenza dei comportamenti ed orientato alla prevenzione dei conflitti. La norma prevedeva poi che “entro il primo mese del negoziato relativo alla contrattazione decentrata le parti, qualora non vengano interrotte le trattative, non assumono iniziative unilaterali né procedono ad azioni dirette “. Disposizione per questa ormai superata, da quanto sancito dal nuovo comma 3 -ter dell’articolo 40 del d. legs 165/2001 come riscritto dall’articolo 54 del d. legs 150/2009. 27
In realtà l’impressione è che si sia pensato più ad un rimedio immediato, per recuperare innegabili distorsioni che spesso hanno caratterizzato le dinamiche e i risultati della contrattazione di secondo livello, sottovalutando però gli effetti impattanti sul sistema che, nel medio-lungo periodo potrebbero produrre ben altri scompensi. Si corre il rischio di proporre un modello neo-autoritativo di lavoro pubblico per il quale c’è da chiedersi se per ridimensionare la contrattazione collettiva vale anche la pena di pagare il prezzo di tornare ad un’amministrazione pubblica complessivamente più legificata cioè più vincolata, ingessata, rallentata? 28
L’adeguamento dei contratti collettivi integrativi alla nuova ripartizione di competenze tra legge e contratto : la cessazione di efficacia dei contratti integrativi decentrati non adeguati L’articolo 65 del decreto legislativo attuativo nello scadenzare i tempi per l’adeguamento dei contratti collettivi integrativi alla nuova ripartizione di competenze tra legge e contratto, sancisce in caso di mancato adeguamento la cessazione dei loro effetti e la non ulteriore applicabilità. I termini ultimi di adeguamento sono previsti al 31 dicembre 2010, con cessazione della loro efficacia ( nell’eventualità del mancato adeguamento) dal 1 gennaio 2011 per tutte le amministrazioni pubbliche; eccetto che per il comparto regioni e autonomie locali per le quali il comma 4 fissa detti termini rispettivamente al 31 dicembre 2011 ed al 31 dicembre 2012 29
Significativa in questo senso la sentenza del Giudice del Lavoro presso il Tribunale di Salerno del 18/7/2010 I contratti integrativi ai sensi dell’articolo 65 comma 1 e 4 del d. legisl. 150/2009 conservano la loro efficacia sino al 31 dicembre 2012 e solo dopo tale scadenza , ove le parti non adeguano i contratti collettivi integrativi vigenti alla data di entrata in vigore del decreto legislativo 150 alle disposizioni riguardanti la definizione degli ambiti riservati, rispettivamente, alla contrattazione collettiva e alla legge, nonché a quanto previsto dalle disposizioni del Titolo III, l’amministrazione interessata può provvedere, in via provvisoria, sulle materie oggetto del mancato accordo, fino alla successiva sottoscrizione 30
Quindi , si legge nella sentenza affinché l’amministrazione possa procedere unilateralmente occorre che i precedenti contratti integrativi abbiano esaurito la loro efficacia : per essere stato raggiunto un accordo tra le parti ovvero siano decorsi infruttuosamente i termini sopra indicati. Nel caso di specie l’amministrazione era tenuta ad osservare le disposizioni contrattuali vigenti ed in particolare le procedure da osservare per il raggiungimento dell’accordo sulla base del fondo per il salario accessorio : l’articolo 4 comma 2 lettera a) del CCNL 1/4/1999 in virtù del quale in sede di contrattazione collettiva decentrata integrativa sono regolati … tra l’altro … i criteri per la ripartizione e destinazione delle risorse finanziarie indicate nell’articolo 15, per le finalità dell’articolo 17, nel rispetto della disciplina dello stesso articolo 17. . Di conseguenza giammai l’amministrazione avrebbe potuto decidere unilateralmente trattandosi di materia da regolare in sede di contrattazione decentrata integrativa 31
Pronuncia che si uniforma alla precedente sentenza del tribunale di Torino Sezione Lavoro del 2/4/2010 con la quale il giudice osserva che occorre tener presente come il d. legisl 150 innovi profondamente il complesso sistema delle relazioni sindacali nelle pubbliche amministrazioni, sistema che , alla data di entrata in vigore della nuova norma, risulta ancora in essere e produttivo di effetti in virtù di accordi a livello nazionale di comparto e territoriali. Di conseguenza in virtù del richiamo all’art. 11 delle preleggi e ai principi costituzionali di efficienza e buon andamento della P. A. , in assenza di espressa disposizione circa la immediata caducazione di tutti gli accordi negoziali sulle premesse normative precedenti, ma anzi per contro con l’espressa previsione di un iter progressivo temporalmente scandito per l’adeguamento dei contratti collettivi vigenti ( art. 65) a chiare lettere dispone la efficacia di tali contratti … per il comparto regioni e autonomie locali al 31/12/2012. I contratti collettivi nazionali restano perciò in vigore sino alla prevista scadenza e le norme di cui al decreto 150/2009 si applicano alla tornata successiva a quelle in corso 32
Infine , accanto all’obbligo a carattere generale di adattamento al nuovo riparto di competenze, che esclude dalla contrattazione decentrata le materie che non appartengono più alla fonte negoziale, si aggiunge l’obbligo di adeguamento a quanto specificamente previsto dalle disposizioni del titolo III del decreto legislativo attuativo riguardo alla valorizzazione del merito e dei metodi di incentivazione della produttività e della qualità della prestazione lavorativa informati ai principi di selettività e concorsualità nelle progressioni di carriera e nel riconoscimento degli incentivi Temi che, in gran parte, erano demandati dal CCNL alla disciplina del contratto decentrato integrativo e che ora invece diventano patrimonio della fonte legislativa 33
Il nuovo ambito delle materie di competenza della contrattazione decentrata: tempi e modi per la redazione del contratto decentrato integrativo 2010 34
CONTRATTO DECENTRATO 2010 Occorre individuare nell’ambito del nuovo riparto di competenze e secondo la scansione temporale prevista dal d. legisl. 150/2009 ciò che ai fini della contrattazione decentrata dell’anno in corso dovrà necessariamente essere modificato. Diverse categorie di interventi distinte : Ø la prima in applicazione degli articoli 16 e 31 che come abbiamo visto richiamano tutta una serie di articoli ai quali gli enti devono adeguare i loro ordinamenti entro il 31 dicembre 2010, dopo di che altrimenti trovano diretta applicazione le disposizioni del titolo II (trasparenza e rendicontazione della performance) e del titolo III ( merito e premi) Ø la seconda in attuazione dell’articolo 65 comma 4 per l’adeguamento del contratto decentrato integrativo al nuovo riparto di competenza tra contrattazione collettiva e legge nonché a quanto previsto dalle disposizioni del titolo III. Termine per l’adeguamento al 31 dicembre 2011 altrimenti i contratti integrativi cessano la loro efficacia al 31 dicembre 2012. 35
Ø una terza categoria che l’interprete deve prendere in considerazione è quella relativa a disposizioni immediatamente applicabili in virtù di singoli precetti dotati del carattere della immediata imperatività dove espressamente sancita da norme del d. legisl. N. 150/2009 PRIMA CONSIDERAZIONE : entrambe le norme (31 e 65 ) richiamano, alla scadenza dei termini rispettivamente stabiliti, l’applicazione diretta delle disposizioni previste dal titolo III rendendole vincolanti al 31 dicembre 2010 (art. 31 comma 4 ) ed ai fini della cessazione dell’efficacia dei contratti decentrati al 31 dicembre 2012 (articolo 65 comma 4 ) per quanto hanno incidenza sulle materie di competenza della contrattazione decentrata integrativa SECONDA CONSIDERAZIONE : se i principi contenuti negli disposizioni richiamati dagli articolo 16 e 31 devono essere recepiti ai fini dell’adeguamento dei “propri ordinamenti” - e quindi tramite la propria potestà normativa unilaterale - escono dal contratto decentrato e perciò quest’ultimo dovrà conseguentemente essere adeguato , per questi aspetti, entro il 31 dicembre 2010. Su gli altri aspetti il contratto decentrato integrativo potrà avere tempi maggiori di adeguamento ai sensi dell’articolo 65 comma 4. 36
In definitiva quindi per l’adeguamento ai principi richiamati dagli articoli 16 e 31 la competenza regolamentare deve essere esercitata entro il 31 dicembre 2010, la quale poi si impone con carattere derogatorio rispetto alla contrattazione decentrata. Per gli altri aspetti non direttamente richiamati e che rientrano nell’ ambito di competenza dell’attuale contratto decentrato i termini di adeguamento sono spostati al 31 dicembre 2011 e comunque perdono la loro efficacia solo dal 31 dicembre 2012. 37
ISTITUTI A DIRETTA INCIDENZA SUL CONTRATTO DECENTARTO INTEGRATIVO 2010 Articolo 19 d. legis. n. 150/2009 – Criteri per la differenziazione delle valutazioni Non è richiamato dall’articolo 31. Tuttavia lo stesso articolo 31 al comma 2 prevede per regioni ed enti locali almeno tre fasce di merito. In ogni caso l’articolazione delle fasce di merito non è da ritenere di competenza della contrattazione decentrata, ma di apposito regolamento. L’articolo 31 comma 2 (e neppure l’articolo 19) non rientrano nel regime transitorio. 38
Da quando si applica ? L’articolo 29, che prevede il carattere imperativo delle disposizioni del titolo III, le rinvia al periodo contrattuale successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore del d. legisl. 150/2009, ma fa salvo quanto previsto dall’articolo 31 il cui comma 2 però non rientra quelli richiamati ai fini dell’adeguamento dei propri ordinamenti entro il 31 dicembre 2010. In realtà il comma 2 dell’articolo 31 prevede per regioni ed enti locali, nell’esercizio delle rispettive potestà normative, la destinazione della quota prevalente delle risorse destinate al trattamento economico accessorio collegato alla performance individuale al personale dipendente e dirigente che si colloca nella fascia di merito alta e che le fasce di merito siano comunque non inferiori a tre. L’articolo 40 comma 3 -bis del d. legisl. 165/2001 (come riscritto dall’ art. 54 del d. legisl 150) prevede poi che la contrattazione decentrata integrativa destina al trattamento economico accessorio collegato alla performance individuale una quota prevalente del trattamento accessorio complessivamente denominato 39
Quindi in definitiva : Il contratto decentrato Integrativo destina le risorse alla performance individuale Il regolamento individua le fasce di merito in misura non inferiore a tre con le relative percentuali 40
L’articolo 45 comma 3 -bis - come modificato dall’articolo 57 del d. legisl. 150 – prevede poi che per premiare il merito e il miglioramento della performance dei dipendenti ai sensi delle vigenti disposizioni di legge, sono destinate, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, apposite risorse nell’ambito di quelle previste per il rinnovo del contratto collettivo di lavoro. L’applicazione degli istituti inerenti il sistema premiante, compreso il sistema delle fasce di merito richiamate per regioni ed enti locali dal citato comma 2 dell’articolo 31, non può quindi prescindere dalla sottoscrizione dei nuovi contratti collettivi nazionali. Il blocco della contrattazione disposto dall’articolo 9 comma 17 della legge 122 /2010 per il triennio 2010/2012 incide quindi sull’applicazione del nuovo sistema premiante che necessità della definizione da parte del CCNL del concetto di trattamento accessorio complessivo comunque denominato e dell’individuazione delle apposite risorse di cui sopra. 41
Ulteriore considerazione riguarda i termini concettuali richiamati dal comma 1 dell’articolo 9 della legge 122, dove si stabilisce che il trattamento economico complessivo. . ivi compreso il trattamento accessorio non può superare , in ogni caso, il trattamento ordinariamente spettante per l’anno 2010 : Ø quindi il trattamento ordinariamente spettante è costituito da quello fondamentale più l’accessorio. In questa ipotesi il limite dell’anno 2010 non consentirebbe di incrementare il trattamento ordinariamente spettante da eventuali attribuzioni migliorative derivanti dall’applicazione delle fasce di merito connessa collocazione in quella più alta. Ciò perché in questo modo si potrebbe andare ad incrementare – a seguito della collocazione nella fascia più alta – il trattamento economico complessivo dell’anno 2011 rispetto a quello del 2010. Ø del resto anche alla luce della prima pronuncia della Corte dei Conti Sez. Regionale di Controllo per il Piemonte n. 51 del 9 settembre il limite al trattamento economico complessivo per il triennio 2011/2013 è costituito da quanto giuridicamente spettante ( quello a cui il beneficiario ha diritto nel 2010) al netto degli effetti derivanti da eventi straordinari della dinamica retributiva come richiamati dallo stesso articolo 9 comma 1. 42
Gli “eventi straordinari” però non possono ricompredere anche la quota del trattamento economico accessorio ( che va a costituire il trattamento economico complessivo e quindi quello ordinariamente spettante) collegato alla performance individuale come calcolata nell’ anno 2010 senza il nuovo sistema delle fasce di merito. L’introduzione delle nuove fasce di merito, senza la possibilità per i più meritevoli di incrementare il proprio trattamento economico accessorio appare priva di senso. Diversamente però incrementando il trattamento economico accessorio a seguito dell’attribuzione nella fascia di merito più alta alla quale deve essere destinata la quota prevalente delle risorse destinata al trattamento economico accessorio collegato alla performance individuale, comporta un nuovo significativo sistema di distribuzione di tali somme che inevitabilmente per coloro che saranno inseriti nella fascia più alta genera un trattamento economico complessivo superiore a quelli ordinariamente spettante per l’anno 2010. 43
Ecco perché appare logico e coerente che per l’applicazione del nuovo sistema delle fasce di merito, siano individuati dal nuovo CCNL il concetto di trattamento economico complessivamente destinato alla performance individuale (ai fini dell’applicazione del disposto dell’articolo 40 comma 3 bis) e le apposite risorse (previste dall’articolo 45 comma 3 -bis) per premiare il merito e il miglioramento della performance, da individuare appunto tra quelle “previste per il rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro”. 44
Certo è, che una incongruenza di fondo rimane anche mantenendo il sistema attualmente vigente per premiare la produttività individuale, in quanto con li richiamato limite individuale non si potrebbe avere un incremento del compenso legato alla propria produttività, se non andando a scapito di altri istituti che comunque compongono il trattamento accessorio ( turno, rischio, reperibilità, maneggio valori, particolari responsabilità, orario notturno, festivo, notturno-festivo, retribuzione di posizione per le P. O. …. . ) e quindi vanno a comporre come quota parte il trattamento ordinariamente spettante per l’anno 2010. Considerazione che anche alla luce delle modifiche introdotte all’articolo 9 comma 1 dalla legge di conversione n. 122, non sembra essere venuta meno. Parimenti non condivisibile l’orientamento da taluni espresso teso a qualificare in senso restrittivo il concetto di “trattamento economico accessorio”, limitandone la portata alle sole voci retributive che più si avvicinano a quelle fisse e ricorrenti : ad esempio l’indennità di comparto, la retribuzione di posizione delle P. O. , l’indennità per particolari responsabilità …, lasciando invece fuori quelle aventi la caratteristica della variabilità come appunto la produttività individuale, il turno, il rischio …. 45
Interpretazione effettivamente priva di fondamento sia alla luce del concetto consolidato di trattamento economico accessorio, sia perché ciò che deve essere escluso ai fini della determinazione del trattamento ordinariamente spettante lo dice la norma stessa : al netto degli effetti derivanti da eventi straordinari della dinamica retributiva …. Con un siffatto limite non poche appaiono le difficoltà per l’organizzazione del lavoro inerente la gestione di tutta una serie di istituti ( non solo produttività ma tutte le indennità variabili a seconda della prestazione effettivamente svolta) legati alla singola posizione individuale complessivamente retribuita nell’anno 2010. Sarebbe stata sufficiente, ai fini del contenimento della spesa, la disposizione introdotta con il comma 2 -bis per la quale dal 1/1/2011 e sino al 31/12/2013 l’ammontare complessivo delle risorse destinate annualmente al trattamento economico accessorio del personale, anche di livello dirigenziale, …. non può superare il corrispondente importo dell’anno 2010 ed è comunque automaticamente ridotto in misura proporzionale alla riduzione del personale in servizio. Il limite imposto solo alla spesa complessiva avrebbe consentito a ciascun ente un autonomo spazio di manovra nel modulare le varie indennità che compongono il trattamento economico accessorio in base alla mutevoli proprie esigenze organizzative. 46
In definitiva se ancor prima della legge 122/2010 , il nuovo sistema delle fasce di merito (in virtù degli articoli 40 comma 3 -bis e 45 comma 3 -bis del d. legisl. 165/2001 come riscritti rispettivamente dagli articoli 54 ve 57 del d. legisl. 150/2009) era da ritenere applicabile ai sensi dell’articolo 65 comma 4 e 5 solo a seguito dell’entrata in vigore del nuovo CCNL , dopo l’entrata in vigore della legge 122, il blocco della spesa riconducibile al singolo dipendente, nella sua composizione inerente il trattamento economico complessivo ( trattamento base ed accessorio), appare effettivamente soggetto al blocco che la “manovra “ ha voluto imporre su taluni istituti relativi alla dinamica retributiva del dipendente pubblico. In certi caso ( come il comma 22 dell’articolo 9 in esame) disponendolo espressamente, in altri - come quello in esame - riconducendoli al trattamento economico ordinariamente spettante 47
Sulla scorta di questa interpretazione, i tempi di attuazione appaiono quelli indicati dall’articolo 65 comma 4 del d. legisl 150 e perciò in sostanza sino al 31 dicembre 2012 , in cui i vecchi decentrati cessano la loro efficacia. Siamo infatti nella fattispecie di cui al comma 1 dell’articolo 65 del d. legisl. 150 inerente i tempi di adeguamento dei contratti integrativi nonché delle disposizioni del titolo III alla nuova definizione degli ambiti riservati rispettivamente alla contrattazione collettiva e alla legge In ogni caso dovrà essere il nuovo CCNL ad individuare il concetto di trattamento economico accessorio e le risorse per premiare merito e miglioramento della performance ai sensi dell’articolo 65 comma 5 dello stesso d. legisl. 150/2009 48
Art. 20 d. legisl. N. 150/2009 – strumenti per premiare il merito e la professionalità Da leggere in connessione all’articolo 31 comma 3 , il quale stabilisce che regioni ed enti locali oltre a quanto autonomamente stabilito nei limiti delle risorse disponibili per la contrattazione integrativa utilizzano gli strumenti di cui all’articolo 20 comma 1 lettere c), d), e) ed f) , nonché adattandoli alla specificità dei propri ordinamenti quelli di cui alle lettere a) e b). Gli incentivi di cui alle lettere a), b), c) ed e) sono riconosciuti a valere sulle risorse disponibili per la contrattazione decentrata 49
Bonus annuale delle eccellenze – articolo 21 Istituito nell’ambito delle risorse di cui al comma 3 -bis dell’articolo 45 del d. legisl. 165/2001 ( come modificato dall’art. 57 del d. legisl. 150/2009) il quale destina apposite risorse nell’ambito di quelle previste per il rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro. Il comma 2 dell’articolo 21 demanda alla contrattazione collettiva nazionale determinare l’ammontare del bonus annuale delle eccellenze Ai sensi del comma 5 dell’articolo 65 del d. legisl 150, tale disposizione è da ritenere applicabile dalla tornata successiva a quella in corso. In questo senso anche la circolare n. 7 del 13/5/2010 del Dipartimento della Funzione Pubblica 50
Del resto lo stesso articolo 29 sancisce il carattere imperativo delle disposizioni del titolo III, il loro inserimento di diritto nei contratti collettivi ai sensi degli articoli 1339 e 1419 C. C. con decorrenza dal periodo contrattuale successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore del d. legisl. 150. Il presupposto necessario per l’applicazione dell’istituto appare quindi : previsione nel CCNL delle apposite risorse e dell’ammontare del bonus annuale l’incentivo va quindi a valere sulle risorse disponibili per la contrattazione decentrata 51
Una prima questione applicativa si pone per il comparto della dirigenza , in quanto in data 22 febbraio 2010 , e quindi in un arco temporale successivo all’entrata in vigore del d. legisl. N. 150/2009, è stato sottoscritto il nuovo CCNL che però non ha individuato apposite risorse ne ha stabilito l’ammontare del bonus annuale. Gli enti come possono procedere alla sua applicazione ? In forza dell’articolo 31 comma 3 richiamato devono adattare i loro ordinamenti ( cioè i regolamenti) per pagare il bonus annuale dell’eccellenza senza che il CCNL abbia stanziato risorse ? gli articoli 16, 17 e 18 che disciplinano le condizioni per gli incrementare le risorse aggiuntive per la contrattazione decentrata integrativa nulla prevedono in merito. 52
In questo caso i problemi applicativi non appaiono di poco conto : • non siamo nel regime transitorio di cui all’ articolo 31 comma 4 e 65 comma 4 • siano già nel periodo/tornata contrattuale successiva a quella in corso all’entrata in vigore del d. legisl. 150 • d’altro canto ai sensi dell’articolo 29 ( e come ricordato il comma 3 dell’articolo 31 non rientra nel regime transitorio ) le disposizioni del titolo III hanno carattere imperativo, non possono essere derogate dalla contrattazione collettiva e sono inserite di diritto nei contratti collettivi • gravano ugualmente sulle risorse disponibili per la contrattazione decentrata anche se non finanziato dal CCNL ? • in sede di adattamento alla specificità dei propri ordinamenti, come affermato nelle linee guida Anci, non sembra comunque vincolante la percentuale del 5% degli aventi diritto 53
Le progressioni economiche – art. 23 Diventano competenza della potestà normativa regolamentare da adeguare entro il 31 dicembre 2010 La selettività delle progressioni economiche deve avvenire sulla base di quanto previsto dai CCNL e di quelli integrativi e nei limiti delle risorse disponibili Ai sensi dell’articolo 31 comma 1 la “disciplina ordinamentale” su che cosa deve pronunciarsi ? Sulla disciplina del sistema di valutazione che, ai sensi dell’articolo 6 del CCNL del 31/3/1999, ogni ente deve già avere, per adattarlo in maniera tale che consenta di attribuirle “in modo selettivo ad una quota limitata di dipendenti”. L’articolo 5 del CCNL citato già prevede “procedure selettive”, ma non l’espresso limite di una percentuale di dipendenti: per cui in teoria la procedura selettiva superata da tutti gli aventi diritto può dar luogo alla progressione economica generalizzata. Così almeno è stato interpretato nella sua più comune applicazione Da ricordare poi che l’articolo 9 del CCNL del 11/4/2008 stabilisce come requisito per la partecipazione un “periodo minimo di permanenza nella posizione economica in godimento pari a 24 mesi” 54
L’adeguemento da fare, considerata già la vigente disciplina del CCNL, appare teso a rendere effettivo il principio della limitazione ad una quota di dipendenti, in relazione allo sviluppo delle competenze professionali ed ai risultati individuali e collettivi rilevati dal sistema di valutazione. Ciò che emerge in maniera innovativa è che la nuova procedura di valutazione - che ora come prima non sta dentro il contratto decentrato - deve essere in grado di “trasformare/ adattare” i criteri dell’articolo 5 del CCNL del 31/3/1999 ai principi imposti dagli articoli 23 del d. legsl. 150/2009 e 52 del d. legisl. 165/2001 come sostituito dall’articolo 62 del d. legisl. n 150 : • quota limitata dei dipendenti • principi di selettività in funzione della qualità culturali e professionali, dell’attività svolta e dei risultati conseguiti, attraverso l’attribuzione di fasce di merito I parametri così stabiliti dovranno essere rilevati dal sistema di valutazione 55
Sistema di valutazione, già previsto dal richiamato articolo 6 CCNL 31/3/1999 previa concertazione dei criteri generali ai sensi dell’articolo 16 dello stesso CCNL ed ora demandata invece al sistema di misurazione e valutazione della performance di cui all’articolo 7 del d. legisl. 150/2009 adottato unilateralmente dall’ente con proprio regolamento : testualmente “apposito provvedimento” Emergono due tipi di considerazioni : 1) Ai sensi dell’articolo 16 comma 2 l’adeguamento al sistema di valutazione di cui all’articolo 7 del d. legisl. 150 deve avvenire entro il 31 dicembre 2010, dopo di che si applicano le disposizioni previste dal titolo II sino all’emanazione della propria disciplina da parte di ciascun ente 56
2) Il nuovo sistema di misurazione e valutazione della performance che deve rilevare lo sviluppo delle competenze professionali ed i risultati individuali e collettivi conseguiti ai fini anche dell’attribuzione delle progressioni economiche, esaurita ogni fase transitoria - richiamata dalle varie disposizioni del decreto legislativo 150/2009 - è provvedimento unilaterale (regolamento) per la cui adozione è da ritenere esclusa qualsiasi forma di partecipazione sindacale. Tuttavia alla luce della sentenza del Tribunale ordinario di Torino del 2 aprile 2010 la concertazione anche dopo il 31 dicembre 2010 e fino alla nuova tornata contrattuale non sembra possa essere esclusa poiché “ i contratti collettivi nazionali restano in vigore sino alla prevista scadenza e le norme del decreto legislativo n. 150/2009 ( relative alla contrattazione collettiva nazionale) si applicano alla tornata successiva a quella in corso “ : così del resto dispone espressamente l’ articolo 65 comma 5. Quindi sarà la tornata contrattuale successiva a quella in corso al momento dell’entrata in vigore del d. legisl. 150 che dovrà stabilire se su questo tema specifico vi sia spazio o meno per istituti di partecipazione quali la concertazione alla luce della ripartizione ai sensi dell’articolo 53 tra le materie sottoposte alla legge, ai regolamenti ed alle determinazioni dei dirigenti e quelle sottoposte alla contrattazione collettiva. 57
Sotto questo profilo occorre richiamare quanto disposto dal comma 1 del nuovo articolo 40 del decreto legislativo 165/2001 come riscritto dall’ articolo 54 del d. legisl. 150 : che tra le altre materie esclude dalla contrattazione collettiva, in particolare, quelle oggetto di partecipazione sindacale ai sensi dell’articolo 9. L’altra pronuncia altrettanto significativa sui tempi di adeguamento degli ordinamenti e di conseguenza anche dei contratti decentrati degli enti è le deliberazione Corte dei Conti Sezione delle Autonomie del 31 marzo 2010 per la quale ritenere la disposizione dell’articolo 31 comma 4 ( relativa al periodo transitorio durante il quale rimangono in vigore le previgenti disposizioni ) norma speciale per gli enti locali e quindi in grado di derogare il principio generale per cui la nuova disciplina delle progressioni verticali decorre dal 1 gennaio 2010 come stabilito per le altre pubbliche amministrazioni ( dall’articolo 24 ) , è “ del tutto infondata”. Di conseguenza l’applicabilità dell’articolo 62 del d. legisl. 150/2009 contenente la nuova disciplina delle progressioni verticali decorre dal 1 gennaio 2010 anche per regioni ed enti locali 58
Se così è, lo stesso principio vale anche per l’articolo 23 commi 1 e 2 parimenti rientranti tra quelli richiamati dal comma 1 dell’articolo 31 e soggetti al regime transitorio del comma 4. Anzi, in questo caso la disposizione dell’articolo 23 comma 2 decorre dalla data di entrata in vigore del d. legisl. 150/2009, non essendo prevista come nella fattispecie dell’articolo 24 la decorrenza dal 1 gennaio 2010. Diversamente ed in maniera più convincente, si era pronunciata la Sezione Regionale di Controllo per la Lombardia nel parere del 16 marzo 2010 dove invece si osservava che “rispetto alla norma rivolta in generale alle pubbliche amministrazioni dall’articolo 24 debba prevalere la disciplina speciale introdotta dall’articolo 31 (comma 4 ) per gli enti territoriali ai fini di tutela dell’autonomia locale costituzionalmente garantita” Principio che in modo analogo si poteva estendere anche per la disciplina delle progressioni orizzontali di cui all’articolo 23. In realtà la sostanziale differenza consiste nel dover attribuire le progressioni economiche ad una quota limitata di dipendenti: da applicare da subito in quanto non abbiamo un regime transitorio sino al 31 dicembre 2010 , durante il quale valevano le disposizioni vigenti alla data di entrata in vigore del d. legisl 150/2009. 59
I riflessi dell’applicazione del principio emerso ai fini dell’utilizzo delle risorse di cui all’articolo 17 del CCNL del 1/4/1999 appare logico che il fondo da costituire appositamente ai sensi dell’articolo 17 comma 2 lettera b) del CCNL 1/4/1999 dovrà avere una consistenza coerente con la disposizione dell’articolo 23 comma 2 del d. legisl. 150 che prevede l’attribuzione delle progressioni economiche ad una quota limitata del personale e perciò un fondo pari alla percentuale massima stabilità: si devono finanziare progressioni solo per una quota ridotta. Quindi progressivamente la quota “rigida” della parte stabile del fondo che serve a pagare permanentemente questo istituto , dovrà essere ridotta con l’unico modo possibile e cioè non destinando detto fondo - nella sua attuale consistenza - a nuove progressioni economiche per cessazioni e progressioni verticali del personale in servizio, sino a che lo stesso fondo non sia rapportato alla “quota limitata” del personale al quale si può attribuire la progressione economica stessa. 60
Il comma 2 lettera b del CCNL 1/4/1999 mi pare che possa che essere letto solo in questo senso, dopo che il carattere imperativo dell’articolo 23 comma 2 del d. legisl. 150 è entrato in vigore. Ci potranno essere allora delle risorse disponibili da poter utilizzare sia per le finalità a carico della parte stabile che per quelle a carico della parte variabile La quota limitata ( per taluni minoritaria) nella sua consistenza massima potrebbe essere stabilità dal contratto integrativo decentrato considerato che l’ammontare del fondo di cui all’ articolo 17 comma 2 lettera b) è oggetto di contrattazione ai sensi dell’articolo 4 comma 2 lettera a) del CCNL 1/4/1999 e che lo stesso comma 1 dell’articolo 23 del d. legisl. 150 prevede la loro attribuzione selettiva “sulla base di quanto previsto dai CCNL e integrativi e nei limiti delle risorse disponibili “ : certo è che rimane imprescindibile il carattere imperativo della quota limitata. 61
A questo proposito non va dimenticato che l’articolo 16 comma 2 del CCNL 1/4/1999 poneva dei limiti di costo ( e quindi imponeva una limitazione ad una percentuale del personale che ne poteva beneficiare ), il c. d. “baricentro”, per cui a decorrere dal 1/1/2001 il costo medio ponderato del personale collocato in ciascun percorso economico di sviluppo non poteva superare il valore medio del percorso stesso : norma poi disapplicata dall’articolo 34 comma 5 del CCNL del 22/1/2004. 62
Progressioni di carriera- articolo 24 Sotto questo aspetto particolarmente significativa la conseguenza del cambiamento di regime tra fonte patrizia e fonte legislativa che comporta anche per i candidati interni l’ obbligatorietà del possesso del titolo di studio richiesto per l’accesso dall’esterno per poter partecipare alle progressioni di carriera; diversamente da quanto sino ad ora previsto dai CCNL, che consentivano invece la partecipazione anche in deroga al titolo di studio ordinariamente previsto dall’esterno : art. 4 CCNL comparto regioni enti locali del 31/3/1999. 63
L’articolo 62 del decreto legislativo attuativo nel prevedere la sostituzione del comma 1 dell’articolo 52 del d. legis. 165/2001 stabilisce infatti che le progressioni fra aree avvengano tramite concorso pubblico , ferma restando la possibilità per l’amministrazione di destinare al personale interno, in possesso dei titoli di studio richiesti per l’accesso dall’ esterno, una riserva di posti comunque non superiore al 50% di quelli messi a concorso. La valutazione positiva conseguita dal dipendete per almeno tre anni costituisce titolo rilevante ai fini della progressione economica e dell’attribuzione dei posti riservati nei concorsi pubblici per l’accesso all’area superiore. L’articolo 24 comma 1 (progressioni di carriera) stabilisce che le amministrazioni pubbliche a decorrere dal 1 gennaio 2010 , coprono i posti disponibili nella dotazione organica attraverso concorsi pubblici, con riserva non superiore al 50% a favore del personale interno, nel rispetto delle disposizioni vigenti in materia di assunzioni. L’articolo 31 prevede che regioni ed enti locali adeguano entro il 31 dicembre 2010 i propri ordinamenti ai principi contenuti, tra gli altri, anche all’articolo 24 commi 1 e 2 inerenti la disciplina delle progressioni verticali. Propri ordinamenti costituiti da fonti regolamentari unilaterali di carattere pubblicistico. 64
La materia, inoltre è esplicitamente sottratta alla contrattazione - nazionale e decentrata – ai sensi dell’articolo 40 comma 1 che esclude dalla contrattazione collettiva - tutta una serie di materie tra cui – quelle di cui all’articolo 1 comma 2 lettera c) della legge 23 ottobre 1992 n. 421 che contiene una espressa riserva di legge per la disciplina “dei procedimenti di selezione per l’accesso al lavoro e di avviamento al lavoro” in cui rientrano anche le progressioni verticali. L’articolo 74 comma 2 qualifica una serie di articoli del decreto legislativo attuativo, tra cui l’articolo 24 commi 1 e 2 e l’articolo 62 comm 1 -bis e 1 -ter principi generali dell’ordinamento ai quali si adeguano le regioni e gli enti locali : così facendo vi è l’obbligo per regioni ed enti locali di recepire ( nei regolamenti) il principio del possesso del titolo di studio previsto dall’esterno per poter partecipare alla riserva del 50% dei posti messi a concorso a favore del personale interno 65
Prima della nuova disciplina introdotta dal d. legisl. 150, il terzo comma dell’articolo 4 del CCNL 31/3/1999 alle progressioni verticali consentiva la partecipazione del personale interno “anche prescindendo dai titoli di studio ordinariamente previsti per l’accesso dall’esterno, fatti salvi quelli prescritti dalle norme vigenti”. Ad eccezione quindi per i posti per i quali il titolo di studio è richiesto come abilitazione per l’esercizio della professione, il primo comma dell’articolo 4 demandava ai regolamenti previsti dall’articolo 35 del decreto legislativo n. 165/2001 disciplinare “le procedure selettive per la progressione verticale finalizzate al passaggio dei dipendenti alla categoria immediatamente superiore del nuovo sistema di classificazione , nei limiti dei posti vacanti della dotazione organica di tale categoria che non siano stati destinati all’accesso dall’esterno”. Il comma 7 dell’ articolo 35 del decreto legislativo n. 165/2001 dispone infatti che sia il regolamento sull’ordinamento degli uffici e dei servizi a disciplinare le dotazioni organiche, le modalità di assunzione agli impieghi, i requisiti di accesso e le procedure concorsuali, nel rispetto dei principi fissati dai commi precedenti dello stesso articolo. Disciplina regolamentare a carattere pubblicistico, il cui contenuto era però dettato in maniera incisiva dalla contrattazione collettiva per quanto atteneva al titolo di studio richiesto per la partecipazione, non necessariamente lo stesso ordinariamente previsto per l’acceso dall’esterno. 66.
Si trattava pur sempre di un percorso selettivo ad evidenza pubblica secondo la costante giurisprudenza della Corte Costituzionale, per la quale tutte le forme di accesso e progressione interna nella pubblica amministrazione non tollerano deroghe alla regola del concorso pubblico. Giurisprudenza infine condivisa dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la sentenza n. 15403 del 15 ottobre 2003, che rivedendo il proprio precedente orientamento, ha riaffermato la giurisdizione del giudice amministrativo non solo per ciò che riguarda le procedure concorsuali strumentali alla costituzione, per la prima volta del rapporto di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, ma anche per le prove selettive dirette a permettere l’accesso del personale già in servizio ad una fascia o categoria superiore. 67
In definitiva, quindi, la progressione verticale non si distingueva, anche nel regime precedente, da un concorso pubblico con una quota riservata al personale interno da calcolare però all’interno di ciascuna categoria, che doveva pur sempre essere contenuta nei limiti della ragionevolezza. All’interno di ciascuna categoria, nell’ambito della quota di adeguatezza pari al 50% dei posti vacanti della dotazione organica di tale categoria di classificazione -, si poteva svolgere la procedura selettiva riservata al personale interno nell’ambito di tale percentuale dei posti vacanti. Il ragionamento di calcolo veniva effettuato per ciascuna categoria, indipendentemente dai profili professionali, sui quali poi si spalmava la quota da riservare al personale interno. 68
Con la nuova normativa viene introdotto un concorso pubblico con riserva del 50% agli interni da calcolare non più nell’ambito di ciascuna categoria nel limite dei posti vacanti della dotazione organica della categoria stessa, bensì sui singoli posti messi a concorso in riferimento al relativo profilo professionale. In altri termini con il regime contrattuale previgente avevamo un concorso riservato interamente agli interni, se pur nel giusto contemperamento con la garanzia dell’accesso dall’esterno da parametrare all’interno delle varie categorie nel limite complessivo dei posti vacanti di ciascuna di esse. Con le nuove regole previste dal decreto legislativo 150/2009, invece, non avremo più concorsi pubblici riservati agli interni – se pur nel complessivo rispetto del giusto equilibrio con l’accesso dall’esterno per ogni categoria – ma concorsi pubblici per singoli posti di una determinata categoria e profilo professionale per i quali vi potrà essere una riserva a favore degli interni non superiore al 50%; sempre che l’attribuzione di tale riserva, ai sensi del comma 2 dell’articolo 24, sia “finalizzata a riconoscere e valorizzare le competenze professionali sviluppate dai dipendenti, in relazione alle specifiche esigenze dell’amministrazione” 69
Significativa la recente sentenza della Corte Costituzionale n. 169 del 13 maggio 2010 che ha dichiarato l’illegittimità di una legge della regione Liguria che ammetteva la riserva a favore del personale interno nel limite del 50% dei posti vacanti calcolati sul totale dei posti inseriti nella programmazione triennale delle assunzioni. In questo modo si viola il principio di accesso al pubblico impiego per concorso pubblico in quanto il 50% dei posti complessivamente previsti consente di esperire concorsi riservati completamente all’interno : il 50% deve invece essere considerato sul singolo concorso in modo da consentire il giusto equilibrio tra interni ed esterni. Diversamente si era pronunciata la Sez. Regionale di Controllo della Corte dei Conti della Lombardia nel parere del 16 marzo 2010, che considerava le difficoltà applicative di tale principio nei confronti dei piccoli comuni , “nei quali il numero dei posti disponibili risulta talmente limitato da non consentire 70 un’adeguata equiparazione delle fonti di acquisizione del personale”
Sui tempi di applicazione della nuova disciplina in materia di progressioni verticali negli enti locali, la richiamata deliberazione Corte dei Conti Sezione delle Autonomie del 31 marzo 2010, sul piano applicativo – quanto meno ai fini del parametro apprezzabile per la diligenza richiesta agli operatori che devono dar corso alla applicazione del d. legsil. 150/2009 – ha posto la parola fine alle diverse interpretazioni che si erano in precedenza prospettate affermando : “ l’applicabilità dell’articolo 62 del d. legisl. N. 150/2009, nella parte in cui stabilisce che le progressioni fra aree avvengano tramite concorso pubblico, ferma la possibilità per l’amministrazione di destinare al personale interno, in possesso dei titoli di studio richiesti per l’accesso dall’esterno, una riserva di posti comunque non superiore al 50% di quelli messi a concorso, decorre dal 1 gennaio 2010. L’articolo 91 del T. U. E. L. , nella parte in cui prevede concorsi interamente riservati al personale dipendente , deve ritenersi abrogato per incompatibilità con il d. legs 150/2009”. 71
Diversamente come detto si era pronunciata la Sezione Regionale di Controllo per la Lombardia nel parere del 16 marzo 2010 e le stesse prime linee guida dell’Anci con nota del 4 febbraio 2010 in cui per risolvere il problema interpretativo derivante dall’antinomia delle due disposizione richiamate, ritiene che “l’unica interpretazione logica e coerente va nella prevalenza della seconda, ossia il 31 dicembre 2010, che costituisce il termine ultimo dell’adeguamento da parte degli enti locali a tutte le disposizioni recate dal Titolo III, ivi comprese dunque, quelle di cui all’articolo 24. In realtà , la motivazione più convincente appare essere la specialità, per regioni ed enti locali, del disposto dell’articolo 31 comma 4 che fissa il termine ultimo per l’adeguamento dei rispettivi ordinamenti al 31 dicembre 2010. Lo stesso articolo 29 , quando prescrive l’inderogabilità delle disposizioni del titolo III, in cui è compresa la nuova disciplina delle progressioni di carriera, fa salvo quanto previsto dall’articolo 31 per le regioni, anche per quanto concerne i propri enti e le amministrazioni del servizio sanitario nazionale, e per gli enti locali… Tuttavia alla luce della deliberazione Corte dei Conti Sezione delle Autonomie del 31 marzo 2010 appare difficile dare una applicazione divergente 72 per non incorrere in responsabilità personali.
In senso conforme , allineandosi a quanto affermato dalla Sezione Autonomie 31 marzo 2010 la recentissima delibera della Corte dei Conti del Piemonte n. 41/2010, che riprendendo altresì il principio affermato nella richiamata sentenza della Corte Costituzionale n. 169 del 13 maggio 2010 , ormai consolida l’orientamento per il quale dal 1 gennaio 2010 non sono più possibili progressioni verticali secondo la disciplina contenuta nel CCNL del 31/3/1999 ma vigono le nuove regole di cui all’articolo 24 del D. lgs. 150/2009. Il termine del 31 dicembre 2010. di cui al comma 4 dell’articolo 31 del D. lg. 150/2009 va riferito più propriamente all’adeguamento del regolamento di organizzazione dell’ente. Inoltre precisa il Collegio il riferimento alle “disposizioni vigenti”non può che essere inteso come riferimento a norme che siano conformi a Costituzione e che siano interpretate in maniera costituzionalmente orientata. 73
Orientamento confermato anche dalla Sezione Emilia Romagna con delibera n. 136 del 18 maggio 2010 che ha sottolineato l’impossibilità di considerare ancora vigenti regolamenti di organizzazione che prevedono le progressioni verticali in quanto contrastanti con l’articolo 62 del d. legsl. N. 150/2009 qualificato come norma di diretta attuazione della Costituzione. Stesso ragionamento vale per l’articolo 91 comma 3 del d. legisl 267/2000 che prevedeva concorsi interamente riservati al personale interno per particolari profili o figure professionali caratterizzati da una professionalità acquisita esclusivamente all’interno dell’ente. Sempre la Sezione Emilia Romagna con il parere del 18 maggio 2010 n. 139 ha poi precisato che anche per gli enti di piccole dimensioni non è possibile intendere la riserva del 50% al personale interno come possibilità di esperire un concorso per posto unico interamente riservato al personale interno. 74
In ultimo anche il giudice amministrativo -Tar Calabria Sez. Staccata di Reggio Calabria sentenza 23 agosto 2010 n. 914 – ha affermato che le progressioni verticali non possono più essere esperite dalla data di entrata in vigore del d. legislativo n. 150/2009 ( ossia dal 15 novembre 2009), essendo possibile solo concludere quelle progressioni previste in bandi pubblicati prima dell’entrata in vigore della riforma “Brunetta”. Il termine del 31 dicembre 2010 indicato dall’articolo 31, secondo il giudice amministrativo, è riferito all’adeguamento del regolamento di organizzazione che potrà prevedere la riserva la 50% dei posti al personale interno cogliendo la “possibilità “ che in tal senso offre l’articolo 52 comma 1 -bis del d. legisl 165/2001 come riscritto dall’articolo 62 del d. legisl n. 150/2009. Solo nel caso in cui la procedura concorsuale interamente riservata agli interni sia stata bandita ( data della pubblicazione del bando ) prima dell’entrata in vigore del d. legisl. 150 potrà essere portata a conclusione. A nulla rileva che il piano occupazionale sia stato approvato prima dell’entrata in vigore della riforma, in quanto è un atto generale di pianificazione che certamente non può risultare impermeabile alle sopravvenienze normative che fissano divieti o 75 impongono limiti
In ogni caso in virtù di quanto disposto dal richiamato comma 1 -bis dell’articolo 52 del decreto legislativo 165/2001 come modificato, per la partecipazione del personale interno al concorso pubblico con riserva è ora necessario “il titolo di studio richiesto per l’accesso dall’esterno”. E’ questa una condizione imprescindibile che cambia sostanzialmente la prospettiva di partecipazione per i candidati interni. Non si applica infine a regioni ed enti locali la disposizione del comma 3 dell’articolo 24 del decreto legislativo 150/2009, per la quale la collocazione nella fascia di merito alta di cui all’articolo 19 comma 2 lettera a), per tre anni consecutivi, ovvero per cinque annualità anche non consecutive, costituisce titolo rilevante ai fini della progressione di carriera. Tuttavia a questo fine occorre ricordare come lo stesso comma 1 -bis dell’articolo 62 del decreto legislativo 165/2001 come sostituito, prevede che la valutazione positiva conseguita dal dipendente per almeno tre anni costituisce titolo rilevante sia per il riconoscimento della progressione economica, sia per l’attribuzione dei posti riservati nei concorsi per l’accesso all’area superiore. 76
Gli enti locali e le regioni, quindi, nel disciplinare ai sensi dell’articolo 31 comma 2 in maniera autonoma, tramite l’esercizio delle rispettive potestà normative, la differenziazione dei livelli di performance individuale in maniera tale che le fasce di merito siano comunque non inferiori a tre, dovranno poi tenere di conto di coloro che si sono collocati nella fascia più alta - autonomamente definita e quantifica - , al fine di considerare tale conseguito riconoscimento per almeno tre anni come titolo rilevante per “l’attribuzione dei posti riservati nei concorsi per l’accesso all’area superiore”. Ogni ente, sotto questo profilo ha una propria autonomia applicativa sia nel determinare le percentuali delle fasce di merito sia per considerare quando la valutazione conseguita sia da ritenere “positiva”. 77
Operazione di adeguamento da compiere nell’ esercizio della propria unilaterale capacità normativa e con esclusione dell’intervento della contrattazione di secondo livello. In particolar modo poi, il secondo comma dell’ articolo 31, come precedentemente ricordato, rende non vincolante l’innovativa disposizione dell’articolo 19 che ha introdotto rigidi criteri di ripartizione dei livelli di performance del personale dirigenziale e non. Anche in questo caso, nell’esercizio delle rispettive potestà normative, regioni ed enti locali potranno stabilire autonomamente la quota prevalente delle risorse destinate al trattamento economico accessorio collegato alla performance individuale, da attribuire al personale dipendente e dirigente che si colloca nella fascia medio alta. In ogni caso, anche lasciando spazio all’autonomia normativa unilaterale dell’ente, la diversificazione delle quote non potrà implicare un numero di fasce di merito inferiori a tre. 78
L’adeguamento ai nuovi criteri dovrà comunque avvenire entro il 31 dicembre 2010, dopo di che trovano diretta applicazione anche in questi enti le disposizioni del Titolo III e, nella specifica fattispecie, le fasce e le quote stabilite dall’articolo 19. Sino al termine ultimo del 31/12/2010, se non è avvenuto prima l’adeguamento, si continuano ad applicare le disposizioni vigenti alla data dell’entrata in vigore del decreto legislativo attuativo. Ulteriore attenuazione nell’applicazione dei criteri per la differenziazione delle valutazioni deriva dal comma 6 dell’articolo 19 in commento, che esclude l’applicazione diretta delle percentuali fissate per fasce inerenti i differenti livelli di performance, alle amministrazioni con un numero di dipendenti non superiore ad 8 ed in quelle dove il numero dei dirigenti in servizio non è superiore a 5; fermo restando, in ogni caso, il principio guida per il quale deve essere garantita l’attribuzione selettiva della quota prevalente delle risorse destinata al trattamento economico accessorio collegato alla performance a una percentuale limitata del personale dipendente e dirigente. 79
Premio di efficienza – articolo 27 La contrattazione decentrata integrativa stabilisce i criteri generali per l’attribuzione dei 2/3 del 30% dei risparmi sui costi di funzionamento derivanti da processi di ristrutturazione, riorganizzazione e innovazione, al personale direttamente e proficuamente coinvolto in tali processi. La quota restante di 1/3 del 30% va ad incrementare le somme disponibili per la contrattazione decentrata integrativa. Le risorse in oggetto possono essere utilizzate solo se i risparmi sono stati documentati nella relazione di performance e validati dal proprio organismo di valutazione. Le prime line guida dell’Anci hanno precisato al riguardo che il riferimento alla relazione di performance “non può essere interpretato come un irrigidimento dell’art. 10 non richiamato in alcun modo dall’articolo 16. 80
Evidentemente il legislatore ha inteso porre un vincolo molto netto alle amministrazioni , ossia che le risorse derivanti dai risparmi sui costi di funzionamento derivanti da processi di ristrutturazione, riorganizzazione e innovazione, devono essere certificate e validate in un apposito documento - che nelle amministrazioni locali sarà l’equivalente della relazione di performance che l’ente indicherà come tale – e validate dall’organismo di valutazione “ L’articolo 31 che prevede i tempi di adeguamento dei propri ordinamenti da parte delle regioni ed enti locali , entro il 31 dicembre 2010, richiama solo il primo comma dell’articolo 27 , ma evidentemente il comma 3 è direttamente vincolante in quanto espressamente rivolto a regioni ed enti locali. Adeguamento degli “ordinamenti” finalizzato a premiare il personale coinvolto : pare di poter dire adeguamento del sistema di valutazione. I criteri generali però da inserire nel contratto integrativo hanno tempi diversi per l’adeguamento di quest’ultimo ai sensi dell’articolo 65 comma 4: 31/12/2012 81
L’incremento delle risorse destinate alla contrattazione decentrata previsto direttamente dalla legge I criteri generali per l’attribuzione delle risorse documentate e validate sono stabiliti dal contratto decentrato integrativo 82
Criteri applicativi : Entro il 31 dicembre 2010 gli enti devono adeguare i propri ordinamenti alla previsione del comma 1 dell’articolo 27. Dopo di che si applica direttamente sia la disposizione del comma 1 che quella del comma 3, anche se non espressamente richiamata in quanto da ritenere immediatamente precettiva : i risparmi devono essere documentati e validati. Ciò implica una diretta connessione con il ciclo della performance per l’adeguamento ai principi contenuti negli articoli richiamati dall’articolo 16 Sino al termine ultimo di adeguamento dei propri ordinamenti, che impone però anche l’inserimento nel contratto decentrato integrativo dei criteri per premiare (nella misura dei 2/3 del 30% dei risparmi) il personale direttamente coinvolto nei processi di ristrutturazione, riorganizzazione ed innovazione, si applicano le disposizioni vigenti alla data di entrata in vigore del d. legis 150/2009. 83
Quindi i criteri attualmente previsti dal CCNL vigenti e dalle disposizioni di legge in materia di contenimento della spesa pubblica. Le nuove disposizioni contenute nell’articolo 40 comma 3 - quinquies ( come riscritto dall’articolo 54 del d. legs. 150) trovano infatti applicazione “a decorrere dai contratti sottoscritti successivamente alla data di entrata in vigore del d. legisl 150/2009” In questo contesto, inerente i limiti di spesa per la contrattazione decentrata occorre ricordare il disposto dell’articolo 76 comma 5 del decreto legge n. 112/2008 come convertito nella legge n. 133/2008 il virtù del quale “Ai fini del concorso delle autonomie regionali e locali al rispetto degli obiettivi di finanza pubblica, gli enti sottoposti al patto di stabilità interno assicurano la riduzione dell'incidenza percentuale delle spese di personale rispetto al complesso delle spese correnti, con particolare riferimento alle dinamiche di crescita della spesa per la contrattazione integrativa, tenuto anche conto delle corrispondenti disposizioni dettate per le amministrazioni statali. 84
Sempre al fine di individuare le fonti che possono andare a costituire il fondo 2010, occorre ricordare che gli incrementi previsti dall’articolo 4 del CCNL del 31 luglio 2009 erano sulla parte variabile e quindi possibili solo per l’anno 2009. Infine particolare attenzione va posta , come noto, alla possibilità di incremento del fondo ai sensi dell’ articolo 15 comma 2 e 5 del CCNL del 1/4/1999. Occorre rispettare le condizioni ivi previste senza produrre incrementi generalizzati del fondo e con criteri di erogazione di dette risorse del tutto attinenti alle disposizioni contrattuali Art. 15 comma 2 : determinazione da parte della Giunta dell’importo annuale nel limite massimo del 1, 2 % somme rese disponibili a seguito del preventivo accertamento dei servizi di controllo interno (revisori dei conti) o nucleo di valutazione Effettive disponibilità di bilancio create a seguito di razionalizzazioni organizzative ovvero destinate al raggiungimento di specifici obiettivi di produttività e di qualità 85
Art. 15 comma 5 : attivazione di nuovi servizi o processi di riorganizzazione finalizzati all’accrescimento di quelli esistenti approvazione da parte della Giunta di tale programma di attività aumento delle prestazioni del personale in servizio correlate a tali attività o incremento stabile delle dotazioni organiche sulla base del programma approvato si devono quantificare con criteri oggettivi le risorse aggiuntive da inserire nel fondo per la contrattazione decentrata per sostenere i maggiori oneri del trattamento accessorio del personale da impiegare nelle nuove attività utilizzo delle indennità previste dal CCNL per retribuire il personale Particolare attenzione per il mantenimento negli anni di tali somme da giustificare adeguatamente sulla base dei criteri sopra richiamati Significativo al riguardo il parere della corte dei Conti Sezione Regionale di Controllo per la Lombardia n. 596 del 6 maggio 2010 che richiamando l’orientamento dell’ Aran enuncia i criteri per la corretta applicazione della norma in questione ai fini dell’incremento delle risorse variabili 86
• Le maggiori risorse devono servire a compensare maggiori servizi • I miglioramenti devono essere concreti e concretamente verificabili attraverso standard ed indicatori • Le risorse devono essere quantificate con criteri trasparenti e ragionevoli, analiticamente illustrati nella relazione da allegare al contratto decentrato; le risorse possono essere rese disponibili solo a consuntivo, dopo aver accertato i risultati e devono essere previste nel bilancio annuale L’iter procedurale seguente: per l’utilizzo del fondo devo poi articolarsi nel modo • Individuazione dei bisogni degli utenti, su cui si vuole intervenire per realizzare miglioramenti quali-quantitativi • Definire il progetto di miglioramento dei servizi, indicando gli obiettivi da conseguire, gli standard di risultato, i tempi di realizzazione, i sistemi di verifica a consuntivo 87
• Quantificare le risorse finanziarie variabili da portare ad incremento del fondo e definire lo stanziamento di bilancio e nel Peg • Stabilire nel contratto decentrato le condizioni alle quali le risorse aggiuntive possono essere disponibili • Verificare e certificare, a consuntivo, da parte dei servizi di controllo interno, i livelli di risultato in rapporto agli standard predefiniti • Erogare le somme in relazione ai livelli di risultato certificati, secondo criteri stabiliti nel contratto decentrato 88
Riepilogando nel concludere la panoramica sugli adempimenti necessari per rispettare l’onere di adeguamento al nuovo sistema di ripartizione di sfere di competenza tra fonte legislativa e pattizia, occorre fare riferimento al comma 3 dell’articolo 31 che impone alle regioni e agli enti locali, in aggiunta a quanto autonomamente stabilito e nei limiti delle risorse disponibili per la contrattazione integrativa, l’utilizzo del sistema di premialità individuato dall’articolo 20 comma 1 alle lettere c), d), e) ed f) rispettivamente inerenti le : • progressioni economiche di cui all’articolo 23, • le progressioni di carriera di cui all’articolo 24, • l’attribuzione di incarichi e responsabilità di cui all’articolo 25 • l’accesso ai percorsi di alta formazione e di crescita professionale di cui all’articolo 26 nonché con possibilità di adattamento alla specificità dei propri ordinamenti di quelli di cui alle lettere a) e b) relative al • bonus annuale delle eccellenze di cui all’articolo 21 • al premio annuale per l’innovazione di cui all’articolo 22. 89
In ogni caso gli incentivi di cui alle lettere a), b) c) ed e) vanno a gravare sulle risorse destinate alla contrattazione integrativa. Si introducono , così facendo, una serie di strumenti per premiare il merito e la professionalità che vengono aggiunti nei loro contenuti alla contrattazione decentrata integrativa, ma al tempo stesso sottratti alla autonoma decisone delle parti, imponendone un sostanziale recepimento anche per la quota inerente il finanziamento degli stessi. Di conseguenza entro i termini temporali fissati dall’articolo 65 per l’adeguamento dei contratti collettivi integrativi, occorrerà rimodulare anche la destinazione delle risorse proprie della contrattazione di secondo livello, in modo da poter procedere al finanziamento degli incentivi introdotti secondo la disciplina dettata dal legislatore : sia, come abbiamo visto, per ciò che riguarda i nuovi istituti quali il bonus annuale delle eccellenze e il premio annuale per l’innovazione, sia per l’adeguamento dei contenuti e della disciplina di quelli già esistenti, quali appunto le progressioni economiche e l’attribuzione di incarichi e responsabilità. 90
I limiti della contrattazione decentrata integrativa. La nullità delle clausole del contratto decentrato integrativo che violano i vincoli ed i limiti posti dal contratto collettivo nazionale o da norme di legge. Nel quadro di riforma della contrattazione nel lavoro pubblico delineato dal capo IV del decreto legislativo attuativo, l’articolo 54 introduce, tra l’altro, all’articolo 40 del d. legs. 165/2001 il comma 3 - quinquies, che sviluppa il concetto di subordinazione gerarchica del contratto decentrato nei confronti di quello nazionale e della legge. 91
Indubbiamente, nel corso degli anni è maturata l’esigenza di rivedere il modello proposto originariamente dalla “privatizzazione “ del 1993, se pur implementata dalla legislazione di fine anni ’ 90 con la “riforma Bassanini”, che delineando l’impianto dei livelli della contrattazione già li strutturava su di un piano gerarchico - piramidale, riconoscendo però sufficienti possibilità di devolvere al livello decentrato un ampio spettro di materie, fermo restando il limite del rispetto, a pena di nullità, dei confini stabiliti dal CCNL e degli oneri di spesa derivanti dagli strumenti di programmazione annuale e pluriennale di ciascuna amministrazione. I motivi sono stati molteplici e non esenti da contraddizioni, se si pensa da un lato al progressivo percorso di riconoscimento delle autonomie locali culminato nella riforma del Titolo V della Costituzione ad opera della legge costituzionale n. 3 del 2001, e dall’altro al proliferare dal 2002 di tutta una serie di disposizioni contenute nelle leggi finanziarie dirette a limitare ed imbrigliare il timido policentrismo del sistema contrattuale avviato nel 1998 con i Comitati di Settore D’altro canto la tendenza della contrattazione decentrata, troppo spesso, è stata quella di espandersi oltre gli ambiti di competenza, o perché in deroga agli istituti previsti dal CCNL oppure per la violazione dei limiti di spesa stabiliti, rendendo così agevole il riproporsi di una serie di controlli centralizzati e caratterizzati da un consistente sistema sanzionatorio. 92
Comma 3 -quinques articolo 40 inibisce la sottoscrizione di contratti integrativi decentrati “in contrasto con i vincoli e con i limiti risultanti dai contratti collettivi nazionali o che disciplinano materie non espressamente delegate a tale livello ovvero che comportano oneri non previsti negli strumenti di programmazione annuale e pluriennale di ciascuna amministrazione Di conseguenza nelle ipotesi di violazione dei vincoli e dei limiti di competenza imposti dalla contrattazione nazionale o dalle norme di legge, viene sancita la nullità delle clausole contrastanti. In caso di accertato superamento dei vincoli finanziari da parte delle sezioni regionali di controllo della Corte dei Conti, del Dipartimento della funzione pubblica o del Ministero dell’economia e delle finanze, viene inoltre imposto l’obbligo di recupero delle somme indebitamente erogate. 93
Disposizione da armonizzare con i commi 8, 9 e 10 dell’articolo 67 del decreto legge 112/2008 come convertito nella legge n. 133/2008 ora abrogati dall’articolo 66 del d. legislativo 150/2009 ma riproposti nella loro sostanza nell’articolo 40 comma 3 quinquies come sostituito dall’aticolo 54 e nell’art. 40 –bis comma del 165/2001 come sostituito dall’articolo 55 del d. legisl. 150/2009 L’accertato superamento dei vincoli finanziari da parte delle sezioni regionali della Cote dei Conti , del dipartimento della funzione pubblica o del Ministero dell’economia e delle finanze comporta l’obbligo di recupero nell’ambito della sessione negoziale successiva ( articolo 40 comma 3 -quinques) Il controllo del collegio dei revisori dei conti , del collegio sindacale, degli uffici centrali di bilancio o di analoghi organi previsti dai rispettivi ordinamenti sulla compatibilità dei costi della contrattazione decentrata con i vincoli di bilancio comporta anche in questo caso l’obbligo di recupero nell’ambito della sessione negoziale successiva ( articolo 40 bis comma 1). 94
Le Sezioni Riunite in sede di Controllo della Corte dei Conti con deliberazione del 15 dicembre 2008 avevano osservato riguardo alla possibilità di intervento precedentemente prevista dall’articolo 67 commi 9 e 10 come la norma nulla dice in merito a quale organo competa tale accertamento , così ricorrendo ad una tecnica già utilizzata dal legislatore con l’articolo 40 -bis del D. lgs. 165/2001 (ante riforma) in virtù del quale qualora dai contratti derivino costi non compatibili con i rispettivi vincoli di bilancio delle amministrazioni, si applicano le disposizioni di cui all’articolo 40 comma 3 per cui le clausole difformi sono nulle e non possono essere applicate. In via interpretativa/applicativa erano giunte quindi alla conclusione che “le indicazioni che la Corte può fornire in ordine al superamento dei vincoli posti dalla contrattazione integrativa non possono che conseguire, per quanto riguarda l’attività di referto, allo svolgimento delle indagini programmate dalle Sezioni regionali di controllo. Per quanto riguarda invece l’esercizio del controllo – di cui alla seconda parte del comma 10 dell’articolo 67 della legge 133/2008 - la norma ritenevano dovessere applicata nel senso che il superamento dei limiti di spesa sia da accertare dalla Sezioni regionali che devono accordarsi con la Sezione delle autonomie e con le Sezioni riunite”. 95
Ora con il nuovo comma 3 -quinques dell’articolo 40 in caso di violazione dei vincoli e dei limiti imposti dalla contrattazione nazionale o da norme di legge le clausole sono nulle, non possono essere applicate e sono sostituite ai sensi degli articoli 1339 e 1419 secondo comma del codice civile. In caso di accertato superamento dei vincoli finanziari da parte delle sezioni regionali di controllo della Corte dei Conti, del Dipartimento della funzione pubblica o del Ministero dell’economia e delle finanze, viene inoltre imposto l’obbligo di recupero delle somme indebitamente erogate nella sessione negoziale successiva. Il recupero delle somme indebitamente erogate si configura quindi Ø sia nel caso di clausole nulle per violazione dei vincoli finanziari (da ritenere una sottospecie dei vincoli imposti dalla legge o dal CCNL ), non applicabili e sostituite ai sensi degli articoli 1339 e 1419 secondo comma del C. C. ; Ø sia nell’ipotesi di intervento della Corte dei Conti tramite le competenti Sezioni Regionali di Controllo in sede di verifica puntuale del singolo contratto decentrato integrativo. 96
Infine, l’articolo 40 -bis come riscritto dall’articolo 55 del d. legislativo attuativo, attribuisce il controllo sulla compatibilità dei costi del contratto decentrato integrativo con “i vincoli di bilancio” e quelli derivanti dall’applicazione di norme di legge “con particolare riferimento alle disposizioni inderogabili che incidono sulla misura e sulla corresponsione dei trattamenti accessori”, al collegio dei revisori dei conti, al collegio sindacale, agli uffici centrali di bilancio o ad analoghi organi previsti dai rispettivi ordinamenti. Anche in questo caso - come appena ricordato - qualora dai contratti integrativi derivino costi non compatibili con i rispettivi vincoli di bilancio, si applica quanto disposto dall’articolo 40 comma 3 -quinques sesto periodo che statuisce l’obbligo di recupero nella sessione contrattuale successiva. Emerge un sistema sanzionatorio che si sviluppa dalla fase di sottoscrizione del contratto decentrato integrativo, a quella di competenza degli organi di controllo interni sino alla comunicazione di specifiche informazioni sui costi della contrattazione integrativa - al Ministero dell’Economia e delle Finanze che li trasmette alla Corte dei Conti - che nei casi prospettati comporta la sanzione della nullità delle clausole in contrasto, o comunque la loro sospensione , con obbligo di recupero. 97
La sanzione della nullità della clausola del contratto integrativo si estende, rispetto alla precedente versione degli articoli 40 comma 3 e 40 bis comma 3, comportando un ampliamento della specificità del lavoro pubblico rispetto a quello privato dove la nullità è strumento di risoluzione del solo conflitto tra norme inderogabili di legge e norme contrattuali collettive. Il meccanismo di eterointegrazione dell’assetto negoziale previsto dall’ articolo 1339 opera, nel lavoro alle dipendenze dell’impresa privata, limitatamente alla sostituzione delle clausole difformi apposte dalle parti attraverso l’adeguamento di queste alla disciplina minima voluta dalla legge. Viceversa nel lavoro alla dipendenze delle pubbliche amministrazioni, la nullità è posta a tutela della funzione ordinatrice del sistema attribuita al contratto collettivo nazionale diversamente dal settore privato dove non è prevista una simile sanzione, ma vale la disposizione dell’articolo 2077 comma 2 del C. C. per il quale il carattere migliorativo del contratto individuale costituisce un limite alla sostituzione delle clausole difformi da parte del contratto collettivo nazionale. 98
Sanzione di nullità ripresa anche dalla contrattazione collettiva, per ribadire in via autonoma la nullità delle clausole difformi del contratto decentrato rispetto ai vincoli posti dal contratto nazionale, o comunque comportanti oneri finanziari non coerenti con le modalità di costituzione e di utilizzo dei fondi destinati al finanziamento della contrattazione decentrata : articolo 4 comma 5 del CCNL comparto del personale Regioni-Autonomie Locali del 1/4/1999. Con la nuova formulazione del comma 3 -quinquies dell’articolo 40, la sanzione della nullità è funzionalizzata a garantire l’intangibilità non più solo dei vincoli e dei limiti di competenza imposti dalla contrattazione nazionale ma anche dalle norme di legge. 99
Anche sotto questo profilo appare evidente l’impostazione di fondo del decreto legislativo attuativo, teso a riportare sotto l’alveo pubblicistico aspetti salienti del sistema delle relazioni sindacali demandati al secondo livello di contrattazione Sul piano applicativo, resta da individuare concretamente l’ambito di applicazione della sanzione di nullità rispetto alle clausole poste a) in violazione dei vincoli b) dei limiti di competenza imposti dalla contrattazione nazionale o dalle norme di legge. La prima ipotesi appare riconducibile ad un contrasto con le prescrizioni poste, al momento in cui si disciplinano in sede decentrata integrativa istituti in deroga alle previsioni del CCNL o della legge. Parimenti, nella seconda fattispecie avremo l’occupazione di spazi da parte del contratto decentrato su materie riservate alla diretta competenza del CCNL o della legge. 100
Invece, nell’ipotesi in cui dal contratto decentrato integrativo derivino dei costi non compatibili con i rispettivi vincoli di bilancio ed in virtù di quanto disposto dell’articolo 40 -bis primo comma si pone l’obbligo di recupero nell’ambito della sessione negoziale successiva, la non compatibilità appare riferibile innanzitutto alla scorretta determinazione dei fondi - e conseguente imputabilità ai capitoli di bilancio dell’ente di spese eccedenti i limiti previsti - analiticamente da comporre sulla base delle indicazioni del CCNL e destinati al finanziamento degli istituti demandati alla contrattazione decentrata in conformità agli equilibri finanziari. Aspetto sul quale si è posta in maniera particolare l’attenzione del legislatore attraverso l’introduzione di un sistema di monitoraggio costante ad opera dell’articolo 67 commi 9 e 10 del d. legge 112/2008 come convertito nella legge 133/2008 e ripreso dall’articolo 55 del decreto legislativo attuativo con le modifiche apportate all’articolo 40 -bis stesso. 101
I possibili rimedi a fronte di un contratto decentrato integrativo che presenta riconosciuti profili di illegittimità 102
Sentenza 16 marzo 2010 n. 6561 del Tribunale di Napoli Sezione lavoro Civile La sentenza resa dal giudice contabile a definizione dell’azione di responsabilità dei vertici di una pubblica amministrazione, che in violazione del CCNL, abbia stipulato un contratto decentrato integrativo che li abiliti ad erogare al personale indennità non dovute , non fa stato nei confronti dei dipendenti, rientrando nell’ambito della giurisdizione del tribunale ordinario, quale giudice del lavoro, valutare la compatibilità o meno delle disposizioni del contratto decentrato integrativo con il CCNL e, per l’effetto, rispettivamente accertare la loro validità o nullità al fine di riconoscere il diritto dei lavoratori a percepire o meno le spettanze in contestazione. Come pure rientra nell’ambito di cognizione del giudice del lavoro accertare se gli emolumenti postulati possono essere attribuiti a categorie di dipendenti che, sia pur non contemplate dal CCNL, possano risultarne beneficiari alla stregua di una sua interpretazione estensiva, in ragione delle mansioni in concreto svolte. 103
Due considerazioni appaiono necessarie : come può configurarsi l’elemento psicologico soggettivo della colpa grave se il giudice del lavoro ritiene sussistere il diritto del lavoratore a percepire una indennità prevista dal contratto decentrato integrativo in violazione di una disposizione del CCNL ? la risposta, al fine di evitare effetti paradossali, è riconducibile alla considerazione per la quale il compenso dovuto , se pur in violazione di norme del CCNL deriva dalle mansioni effettivamente svolte. In questo caso la colpa grave si può concretizzare nell’aver attribuito mansioni (e previsto nel contratto decentrato integrativo talune indennità ad esse correlate) non legittimamente esigibili. Resta comunque ferma la considerazione per la quale la Corte dei Conti sebbene possa aver accertato la sussistenza di una responsabilità erariale, non potrà comunque estendere il proprio sindacato fino a dichiarare nulle le clausole che sono pur sempre fonte di tale responsabilità. Così come non potrà disporre il conseguenziale recupero nei confronti di coloro che hanno percepito indennità non dovute. Il limite della giurisdizione del giudice contabile si arresta all’accertamento del danno ed alla condanna del suo responsabile 104
In ogni caso trattandosi di un contratto collettivo decentrato integrativo di diritto privato, resta esclusa la possibilità dell’amministrazione di procedere in via di autotutela con provvedimenti unilaterali : La nullità delle clausole del contratto decentrato integrativo possono essere accertate esclusivamente dal giudice ordinario ai sensi dell’articolo 1421 del codice civile. Non potrà infatti essere la Corte dei Conti a dichiarare nulle quelle clausole che pur costituiscono causa dell’insorgere della responsabilità erariale : il limite della sua giurisdizione si sostanzia nell’accertamento del danno e nella condanna del suo responsabile. E’ quindi al giudice del lavoro che compete accertare la nullità delle clausole del contratto decentrato integrativo in violazione del CCNL, e di conseguenza sostituirle ai sensi dagli articoli 1339 e 1419 comma 2 del codice civile, così come del resto previsto dall’articolo 40 comma 3 quinquies del d. legisl. 165/2001 come sostituito dall’articolo 54 del d. legisl. 150/2009. 105
La netta separazione delle giurisdizioni della Corte dei Conti e del Giudice del lavoro , come emerge dalla sentenza richiamata, pone la necessità di dover individuare i giusti rimedi nei confronti di un contratto decentrato che da un lato può essere fonte di una responsabilità di carattere erariale accertata dal giudice contabile, ma al tempo stesso oggetto di autonoma valutazione del giudice del lavoro per il quale la definizione dell’accertata responsabilità erariale dei responsabili dell’amministrazione, non necessariamente costituisce causa di invalidità o nullità delle stesse clausole contrattuali, o comunque motivo di erogazione di emolumenti in ragione delle mansioni concretamente svolte. 106
Articolo 5 del CCNL del 1/4/1999 COMMA 1 : i contratti decentrati integrativi hanno durata quadriennale e si riferiscono a tutti gli istituti rimessi a tale livello, da trattare in un’unica sessione negoziale. COMMA 4 : i contratti collettivi decentrati integrativi devono contenere apposite clausole circa tempi, modalità e procedure di verifica della loro attuazione. Essi conservano la loro efficacia fino alla stipulazione , presso ciascun ente, dei successivi contratti collettivi decentrati integrativi Utilizzando quest’ultima disposizione si può avviare la procedura per la verifica dell’attuazione del contratto decentrato in essere, eliminando gli “scostamenti” che si possono essere accertati rispetto alle disposizioni contenute nel CCNL, o che esorbitano dalla sfera di competenza o comunque comportato oneri di spesa non consentiti. 107
Così facendo si può procedere alla rinegoziazione di quelle parti del contratto decentrato integrativo che altrimenti potrebbero essere affette dal vizio della nullità , con le conseguenze che ne derivano. Altra ipotesi riguarda la disdetta. In questo caso si tratta di un istituto che può operare in relazione a quei contratti nei quali è previsto un termine di durata che determina l’effetto di impedire che il contratto medesimo , una volta scaduto, possa tacitamente rinnovarsi o comunque prorogarsi sino alla sottoscrizione del nuovo contratto decentrato. Applicabile quindi nei casi in cui una volta scaduto il termine finale - che ordinariamente ai sensi del richiamato articolo 5 comma 1 del CCNL 1/4/1999 dovrebbero avere durata quadriennale, anche se la prassi applicativa spesso prevede una durata più breve – si prorogherebbe la loro efficacia sino alla stipulazione del successivo contratto decentrato integrativo. 108
Il recesso invece riguarda i contratti stipulati a tempo indeterminato, ossia senza un termine finale. Fattispecie che ai sensi del richiamato articolo 5 comma 1 del CCNL 1/4/1999 non dovrebbe verificarsi, ma che nella prassi non sembra invece da escludere. Dottrina e giurisprudenza maggioritaria tendono invece ad escludere la legittimità del recesso dal contratto collettivo a termine prima della sua scadenza : in questo senso Tribunale Roma 21 giugno 2004. Anche nei contratti decentrati senza determinazione di durata appare quindi possibile l’esercizio del diritto di recesso unilaterale anche in mancanza dell’attribuzione da parte della legge o del contratto della relativa facoltà ai sensi degli articoli 1372 e 1373 del codice civile. 109
Ciò in virtù del principio di buona fede nell’esecuzione del contratto di cui all’articolo 1375 del codice civile ed in coerenza con la naturale temporaneità dell’obbligazione : alla contrattazione collettiva senza termine di durata deve dunque essere estesa la regola ( di generale applicazione nei negozi privati ) secondo cui il recesso unilaterale rappresenta una causa estintiva ordinaria di qualsiasi rapporto di durata a tempo indeterminato, il che corrisponde all’esigenza di evitare – nel rispetto dei criteri di buona fede e correttezza nell’esecuzione del contratto – la perpetuità del vincolo obbligatorio : in questo senso per tutte Cass. , sez. lav. , 18 settembre 2007, n. 19351. 110
Cass. , sez. lav. , 18 settembre 2007, n. 19351 : Il contratto collettivo, senza predeterminazione di un termine di efficacia, non può vincolare per sempre tutte le parti contraenti, perché finisce in tal caso per vanificarsi la causa e la funzione sociale della contrattazione collettiva, la cui disciplina - da sempre modellata su termini temporali non eccessivamente dilatati – deve parametrarsi su una realtà socioeconomica in continua evoluzione, sicché a tale contrattazione va estesa la regola, di generale applicazione nei negozi privati, secondo cui il recesso unilaterale rappresenta una causa estintiva ordinaria di qualsiasi rapporto di durata a tempo indeterminato, che risponde alla esigenza di evitare - nel rispetto dei criteri di buona fede e di correttezza nell'esecuzione del contratto - la perpetuità del vincolo obbligatorio. 111
Sempre secondo la giurisprudenza della Cassazione, l’applicazione spontanea da parte di entrambi i contraenti di un accordo scaduto, fa sì che tale accordo si trasformi in un contratto a tempo indeterminato, dal quale ciascuna delle parti può recedere unilateralmente ( in tal senso proprio con riferimento ad un contratto collettivo aziendale Cass. 18/10/2002 n. 14827). In ogni caso con il recesso o la disdetta non si potrà porre rimedio ad erogazione di compensi per i quali a posteriori si è riconosciuta l’illegittimità, non avendo tali istituti efficacia retroattiva : il recesso da parte dell’amministrazione dal contratto collettivo integrativo non può pregiudicare i diritti già incorporati nel patrimonio dei singoli lavoratori : in questo senso Cassazione 25 /9/2004 n. 19307. 112
Per potere procedere al recupero delle somme indebitamente erogate in virtù di clausole del contratto decentrato integrativo occorre che tali clausole siano dichiarate nulle : l’ipotesi dell’articolo 40 comma 3 quinquies del d. legsil. 165/2001 come modificato. Violazione dei vincoli e dei limiti imposti dal CCNL o dalle norme di legge Nullità dichiarata dal giudice ordinario : nella specie il tribunale del lavoro adito dalla stessa amministrazione Di conseguenza l’amministrazione potrà procedere al recupero delle somme indebitamente erogate a ciascun dipendente in ragione di specifiche clausole del contratto decentrato integrativo affette da nullità. 113
La giurisprudenza dominante precisa che il principio della rilevabilità d’ufficio della nullità di un contratto da parte del giudice ai sensi dell’articolo 1421 del codice civile (per il quale “salvo diverse disposizioni di legge, la nullità può essere fatta valere da chiunque vi ha interesse e può essere rilevata d’ufficio) deve essere coordinato con il concorrente principio della domanda di cui agli articoli 99 ( principio della domanda) e 112 del codice di procedura civile ( corrispondenza tra richiesta e pronunciato per il quale il giudice deve pronunciare su tutta la domanda e non oltre i limiti di essa e non può pronunciare d’ufficio si eccezioni, che possono essere proposte soltanto dalle parti) ragion per cui tale potere sussiste soltanto se risulti contestata l’applicazione o l’esecuzione del contratto la cui validità rappresenti l’elemento costitutivo della domanda 114
In questo contesto occorre quindi valutare il comportamento della parte pubblica, la quale riconosce il proprio errore che ha originato, se pur congiuntamente alla parte sindacale, una clausola nulla del contratto decentrato integrativo e di conseguenza ricorre al giudice ordinario per farne dichiarare la nullità : da un lato la dichiarata nullità consente il recupero delle somme non dovute e rimedia al danno dall’altro appare un comportamento diligente, se naturalmente posto in essere dagli stessi soggetti che avevano sottoscritto al clausola nulla , suscettibile di essere valutato come idoneo a rimediare al precedente comportamento caratterizzato da una ipotetica colpa grave Naturalmente sono considerazioni che dovranno passare al vaglio della giurisprudenza della Corte dei Conti , ma che la momento appaiono come l’unica via per porre rimedio a clausole del contratto decentrato di cui si riconosca palesemente il vizio della nullità 115
La responsabilità conseguenziale delle parti contraenti. La sanzione di nullità anche nella precedente formulazione dell’articolo 40 comma 3, comportava ove possibile, l’applicazione diretta ed immediata della norma di primo livello e comunque la conseguente caducazione degli atti e degli effetti derivanti dalla clausola dichiarata nulla. La responsabilità per danno erariale derivante dalla stipulazione e dall’applicazione delle clausole del contratto decentrato integrativo dichiarate nulle, si è però sino ad oggi attestata in capo ai soli rappresentanti della parte pubblica, che a vario titolo sono stati ritenuti responsabili per la stipulazione della clausola dichiarata nulla e per l’adozione di provvedimenti di gestione del rapporto di lavoro che in quella hanno trovato fondamento. 116
Innanzitutto coloro che hanno condotto la trattativa e stipulato il contratto decentrato (presidente e componenti della delegazione trattante, organo di governo che ne ha autorizzato la sottoscrizione, organo di controllo interno tenuto a verificare la compatibilità dei costi della contrattazione decentrata integrativa), ma anche quelle figure dirigenziali che hanno dato esecuzione alla clausola affetta dal vizio di nullità. Il danno è correlato non tanto alla clausola difforme, ma piuttosto ai provvedimenti di gestione del personale che in quella hanno trovato fondamento : in questo senso Corte dei Conti SG Lombardia, 10 marzo 2006 n. 172. 117
Tuttavia nella quantificazione dell’entità del danno il giudice contabile ha posto, almeno in un caso, l’accento sulla responsabilità congiunta anche della parte sindacale, in quanto se sul piano causale il danno trae origine dall’accordo decentrato, un evidente contributo etiologico è stato dato anche dai componenti della controparte sindacale (RSU) che ebbero sottoscrivere tale accordo, atto bilaterale e non unilaterale. Quale che sia la natura, pubblica o privata, di tale rappresentanza sindacale, è innegabile che se da un atto negoziale derivi un danno, del relativo risarcimento debbano rispondere in modo paritetico tutte le parti contraenti : in questo senso Corte dei Conti, Sez. Giurisd. Lombardia, 14 /6/2006 n. 372 Nella fattispecie considerata tuttavia, non essendo stati convenuti in giudizio da parte della Procura i componenti della delegazione di parte sindacale, la Sezione giurisdizionale non si è potuta pronunciare su gli stessi, ammesso che nei loro confronti abbia giurisdizione, ma ha tenuto conto della quota loro addebitabile per scomputarla dalla quantificazione del danno a carico dell’altra parte. Impostazione coerente al principio secondo cui, ove il giudice individui altri responsabili oltre a quelli chiamati in giudizio dal pubblico ministero, può decidere il merito della causa ridimensionando il danno addebitabile ai convenuti, previa incidentale valutazione delle posizioni dei non convenuti. 118
Orientamento peraltro non diffuso nella giurisprudenza contabile, che anche a fronte di eccezioni difensive dei rappresentanti della parte pubblica tese a chiamare in causa i componenti della delegazione che ha trattato in rappresentanza dei lavoratori non convenuti in giudizio da parte della procura, si è spesso limitata a condividere l’impostazione accusatoria nei soli confronti della parte pubblica, senza neppure prendere in considerazione tale richiesta ai fini della quantificazione del danno : Corte dei Conti Sez. Giurisd. Regione Liguria 21 maggio 2007 n. 447; Corte dei Conti Sez. Giurisd. Regione Lombardia 8 luglio 2008 n. 457 119
L’evoluzione giurisprudenziale sul danno da contrattazione, non si è spinta oltre la valutazione dell’apporto del contraente di rappresentanza sindacale in merito alla modulazione del quantum debeatur. Questo perché nei casi prospettati, come appena ricordato, non essendovi stata una evocazione in giudizio da parte della Procura nei confronti di componenti la delegazione trattante di parte sindacale, non vi è stata la possibilità di una pronuncia in merito alla sussistenza di giurisdizione nei loro confronti : Corte dei Conti Sez. Giurisd. Trentino Alto Adige 12 febbraio 2007 n. 6 imputa alla responsabilità di parte pubblica il danno derivante dalla scorretta determinazione delle risorse da destinare al fondo riferito alle politiche di sviluppo delle risorse umane e alla produttività per la contraddittorietà ed inaffidabilità della soluzione escogitata, economicamente pregiudizievole e non adeguatamente valutata, oltre che per la non congruità della spesa, anche sotto il profilo delle ripercussioni contenziose che avrebbe potuto innescare. 120
E’ una questione ancora aperta , la cui soluzione ruota attorno al criterio di incardinamento della giurisdizione contabile che tende a configurarsi come non più ancorato alla sussistenza di un rapporto di servizio con l’ente danneggiato, bensì sul diverso parametro inerente la natura pubblica delle risorse finanziarie in relazione alle quali si concretizza il danno origine della pretesa risarcitoria. Convincimento che trova il suo principio ispiratore nella evoluzione giurisprudenziale delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, finalizzata a qualificare il rapporto di servizio tra un soggetto e la pubblica amministrazione sulla base di una qualsiasi relazione funzionale che implichi la partecipazione del soggetto alla gestione delle risorse pubbliche. 121
Ai fini del riconoscimento della giurisdizione della Corte dei Conti per danno erariale, in ragione del sempre più frequente operare dell’amministrazione al di fuori degli schemi del regolamento di contabilità di stato e tramite soggetti in essa non organicamente non inseriti, è irrilevante il titolo in base al quale la gestione del pubblico denaro è svolta, potendo consistere in un rapporto di pubblico impiego, ma anche in una concessione amministrativa o in un contratto di diritto privato. Il baricentro per discriminare la giurisdizione ordinaria da quella contabile si è spostato dalla qualità del soggetto - che può ben essere un privato o un ente pubblico economico - alla natura del danno e degli scopi perseguiti : in questo senso Cass. Sez. Un. Civili Ordinanza n. 155999 del 3/7/2009. In senso conforme Cass. Sez. Un. N. 4511 del 1/3/2006. 122
Diversamente si potrebbe prospettare un azione dell’amministrazione danneggiata dalla contrattazione decentrata innanzi al giudice ordinario, proprio perché sia stata negata la giurisdizione della Corte dei Conti per mancanza del rapporto di servizio e quindi per insussistenza di una responsabilità amministrativa. Più complicata l’ipotesi in cui il pubblico ministero contabile non abbia evocato in giudizio il soggetto coautore del danno all’amministrazione. In questo caso, invero, si pone il problema se l’amministrazione danneggiata possa proseguire il giudizio innanzi al giudice ordinario, stante l’orientamento della giurisprudenza contabile secondo cui la stessa non avrebbe la possibilità di agire autonomamente per la tutela giudiziale del diritto al risarcimento del danno - sia innanzi al giudice contabile che a quello ordinario - in fattispecie che possano concretizzare ipotesi di responsabilità amministrativa. Ciò in virtù del carattere esclusivo della giurisdizione contabile che a fronte di tali fattispecie non riterrebbe ammissibile la possibilità di una concorrente giurisdizione, con la conseguenza che l’azione per l’accertamento di una possibile responsabilità amministrativa sarebbe riconducibile esclusivamente al pubblico ministero presso tale giudice. 123
D’altro canto però, come sussiste la possibilità per la pubblica amministrazione di costituirsi parte civile in sede penale per tutelare il suo diritto al risarcimento dei danni conseguenti a reati commessi da soggetti appartenenti allo stesso ente, la sussistenza della giurisdizione contabile non sembra possa precludere un azione di risarcimento danni nei confronti di soggetti non legati da un rapporto di servizio con la P. A. , da far valere presso il giudice ordinario. In tal caso la pronuncia del giudice civile potrebbe assumere rilevanza, nel rispetto del principio del ne bis in idem, ai fini della valutazione del danno imputabile o comunque nella fase di valutazione degli effetti del giudicato di condanna da parte della Corte dei Conti, come fatto modificativo del danno imputato ai rappresentanti della parte pubblica. Problematica che si ripropone con vigore con l’entrata in vigore della norma in esame, e per la quale è auspicabile il formarsi di una linea interpretativa giurisprudenziale sufficientemente univoca e chiara nei sui contorni. 124
Così facendo si agevolerebbe la dialettica nell’ambito delle relazioni sindacali a livello di ente, livellando su posizioni paritarie il sistema delle responsabilità per illegittimi sconfinamenti dai binari tracciati dal CCNL, dai vincoli di bilancio e dalla legge. In un ottica costruttiva la definizione delle reciproche responsabilità, un volta assimilatane l’esatta percezione, non può che contribuire a riportare la contrattazione integrativa nei suoi esatti confini e su posizioni di maggior equilibrio, soprattutto per evitare che il negoziatore pubblico si trovi spesso su posizioni di difesa, a fronte di rivendicazioni della parte sindacali ritenute esenti da assunzioni di responsabilità per danno da contrattazione. Meccanismi che finiscono per minare il senso virtuoso della contrattazione decentrata, vanificandone gli aspetti salienti tesi a creare a livello di singolo ente una organizzazione del lavoro finalizzata a migliorare l’erogazione di servizi e funzioni per la collettività di riferimento. 125
La domanda di fondo che si ripropone è però sempre quella relativa alle modalità dell’intervento: l’ampliamento degli spazi e dei vincoli imposti dalla legge è veramente il modo migliore per ricondurre il sistema delle relazioni sindacali decentrate ad effettivo strumento la cui valenza è in grado di incidere in maniera decisiva sull’ organizzazione e gestione del rapporto di lavoro ? Un’impostazione più centralizzata, che demanda alla legge il ruolo di criterio ordinatore principale nella gestione del rapporto di lavoro, è veramente idonea a porre rimedio alle distorsioni che l’autonomia contrattuale, innegabilmente almeno per certi versi, non è stata in grado di governare? Ciò che appare in ogni caso fuori di dubbio, indipendentemente da risvolti sanzionatori derivanti da aspetti patologici della contrattazione decentrata, è la considerazione - giustamente sollevata dalla più attenta magistratura contabile - per la quale un contratto privatistico bilaterale possa essere fonte di responsabilità, in caso di nullità di taluna delle sue clausole che provochi danno erariale, per uno solo dei soggetti sottoscrittori. 126
La non applicazione delle clausole nulle e la loro sostituzione ai sensi degli articoli 1339 e 1419 del C. C. e l’obbligo di recupero delle somme eccedenti i vincoli finanziari imposti nella sessione negoziale successiva. Sancita la nullità delle clausole difformi del contratto decentrato integrativo, la novazione dell’articolo 40 comma 3 quinquies introduce in forza di legge la loro sostituzione ai sensi egli articoli 1339 e 1419 secondo comma del codice civile. In ogni caso poi, in virtù dell’articolo 1418 del C. C. , il contratto sia nazionale che decentrato è nullo quando è contrario a norme imperative e in quanto tali inderogabili ad opera dell’autonomia contrattuale delle parti. Di conseguenza sussiste l’onere per l’amministrazione, in aggiunta alle ipotesi del comma 3 quinquies in oggetto, di non applicare clausole dei contratti ( anche nazionali) che si pongano in contrasto con norme imperative di legge. 127
Ciò naturalmente in aggiunta ai casi in cui il contratto decentrato integrativo violi vincoli e limiti di competenza imposti dal CCNL o da norme di legge e quando dallo stesso derivino costi non compatibili con i rispettivi vincoli di bilancio, in forza di disposizioni di legge tese a garantire il coordinamento della finanza pubblica : in questo senso Corte Costituzionale 13 gennaio 2004 n. 13. Obbligo da rendere coerente, ma naturalmente prevalente, sul concorrente dovere di adempiere agli impegni assunti contratti collettivi nazionali o integrativi , sancito dal comma 4 dell’articolo 40 e non modificato dall’articolo 54 del decreto legislativo attuativo. Tuttavia, al riguardo, è opportuno ricordare come alla dichiarazione di nullità della clausola, ancor prima della modifica in questione, sono stati ricondotti effetti propri facendone conseguire, ove possibile, l’applicazione diretta ed immediata della norma del CCNL derogata : in questo senso App. Milano 18 dicembre 2004 ; Tar Campania Sez. III 10 maggio 2007 n. 7418. 128
Ora, il meccanismo di eterointegrazione ex articolo 1339, anche in sostituzione di clausole difformi ai sensi dell’articolo 1419 comma 2 C. C. , è da ritenere estensibile oltre che rispetto alle disposizioni di legge, anche nei confronti delle norme del contratto collettivo nazionale. A tal fine il richiamo alla “legge” operato dall’articolo 1339 C. C. è da intendersi in senso sostanziale comprensivo di regolamenti, atti amministrativi e , in generale, qualsiasi disposizione cui faccia rinvio una legge in senso formale ivi incluse le determinazioni negoziali. Nel caso di specie quanto disposto dall’articolo 40 comma 3 -quinquies, in merito alla sostituzione delle clausole del contratto integrativo decentrato da parte della legge e del CCNL, nelle fattispecie ivi previste, appare quindi coerente al modello richiamato. 129
Alla previsione dell’articolo 1339 si collega quella dell’articolo 1419 secondo comma posto che la conseguenza tipica della difformità di una clausola negoziale ( del contratto decentrato nella fattispecie ) con una norma imperativa è la sanzione di nullità della clausola stessa, la quale peraltro non importa la nullità del contratto, quando tale clausola sia sostituita di diritto da norme imperative. Presupposto dell’inserzione automatica delle norme imperative in sostituzione delle clausole contrattuali nulle ai sensi dell’articolo 1419 comma 2 è la loro operatività di diritto, che secondo la giurisprudenza della Corte di Cassazione significa che“ può verificarsi solo quando la sostituzione debba avvenire … in forza di una espressa previsione di legge, la quale oltre a comminare la nullità di una determinata clausola, ne imponga anche la sostituzione con una normativa legale; mentre l’inserzione automatica non si verifica qualora il legislatore, nello stabilire la nullità di una clausola o di una pattuizione, non ne abbia espressamente prevista la sostituzione con una specifica norma imperativa” (Cassazione Civile, II Sezione, 24 130 marzo 2000 n. 8794).
Con la disciplina in esame, il legislatore ha individuato nelle disposizioni del CCNL, della legge e nei vincoli di bilancio il diretto riferimento per la disciplina applicabile in sostituzione della clausola nulla. Operazione non sempre agevole perché non ogni difformità comporta la nullità della clausola, ma soltanto quella qualificata in violazione dei vincoli e i limiti di competenza imposti dalla contrattazione nazionale o dalle norme di legge. Casi in cui è ipotizzabile un contrasto diretto con le disposizioni del CCNL o della legge ( tanto più che quest’ ultima si riappropria di tutta una serie di istituti ), così come l’occupazione indebita di materie eccedenti la sfera di competenza del contratto di secondo livello. Stessa sanzione di nullità deriva quando dalla violazione dei suddetti vincoli e limiti ne consegua un illegittimo esubero di costi con ricaduta sul bilancio dell’ente : si pensi ad esempio al superamento dei parametri stabiliti in riferimento alle spese per la determinazione dei fondi destinati al finanziamento del contratto decentrato o per il pagamento di indennità non dovute ( quanto meno nella loro corretta determinazione ), che quindi vanno a gravare in maniera illegittima sulle poste di bilancio. 131
In queste ipotesi, ai fini della applicazione dell’articolo 1419 comma 2, il termine clausola va inteso come parte elementare del contratto e cioè elemento irriducibile del medesimo, anche quando essa consti di più disposizioni le quali costituiscano il precetto unitario che disciplina un’obbligazione contrattuale, principale o accessoria nel suo insieme. La verifica da compiere, per capire se la parte del contratto decentrato inficiata da nullità costituisca una clausola, va condotta in termini sostanziali e non formali, identificandosi la clausola in un unitario elemento precettivo del contratto che può articolarsi anche in più disposizioni ed è riservato al sindacato del giudice di merito, non censurabile in sede di legittimità se sorretto da motivazione congrua ed immune da vizi logici e giuridici (Corte Cassazione 11 aprile 1979 n. 2123) 132
Ad onor del vero, le ipotesi di applicazione del combinato disposto degli articoli 1339 e 1419 comma secondo nell’ambito del lavoro nell’impresa privata, riguardano ipotesi in cui la sostituzione di diritto di clausole nulle avviene a fronte di situazioni in cui la clausola contrattuale comporta per il lavoratore un trattamento meno favorevole di quello previsto dalla disciplina legale. Nel lavoro pubblico, viceversa, l’esigenza nasce per arginare sconfinamenti della contrattazione decentrata, rispetto ai limiti di contenimento definiti dal legislatore, per cui occorrerà vedere come si orienterà nei suoi criteri applicativi la giurisprudenza di merito. Soprattutto quando non sia possibile l’applicazione immediata e diretta della norma di primo livello (CCNL o legge a seconda della competenza), ma la dichiarazione di nullità e la sua conseguente disapplicazione richieda una nuova decisione negoziale in sede decentrata : ad esempio per la definizione dei criteri per le progressioni orizzontali o per l’attribuzione delle specifiche responsabilità, o ancora per la utilizzazione delle risorse destinate a costituire i fondi della contrattazione decentrata. 133
Alla sessione negoziale decentrata successiva all’accertamento da parte delle sezioni regionali di controllo della Corte dei Conti, del Dipartimento della funzione pubblica o del Ministero dell’ economia e delle finanze “del superamento dei vincoli finanziari”, è infine demandato l’obbligo di procedere al recupero delle somme indebitamente erogate Stessa conseguenza deriva qualora dal controllo interno sui costi della contrattazione decentrata emergano spese non compatibili con i vincoli di bilancio (art. 40 -bis comma 1). Situazioni che appaiono però diversificate, anche se accomunate dall’obbligo di recupero, perché la prima ipotesi (sesto periodo articolo 40 comma 3 -quinquies) sembra comunque riferibile, come espressa conseguenza della nullità della clausola, alla fattispecie della violazione dei vincoli e dei limiti di competenza imposti dalla contrattazione nazionale o dalle norme di legge di cui il vincolo finanziario appare porsi come sottospecie. 134
Interpretazione a cui induce l’espressione letterale del penultimo capoverso del comma 3 -quinquies in esame , dove si precisa che in questo caso è fatto altresì obbligo di recupero, ragion per cui oltre alla nullità della clausola ed alla sua sostituzione si pone altresì (inoltre e quindi in aggiunta ) l’obbligo di dover procedere al recupero delle somme. L’ipotesi successiva, del primo comma dell’articolo 40 -bis, con valenza generalizzata per tutte le amministrazioni, si preoccupa invece, indipendentemente dall’accertamento di eventuali nullità di clausole del contratto decentrato, di demandare al sistema dei controlli interni di ciascuna amministrazione la verifica della compatibilità dei costi della contrattazione decentrata. Verifica che si pone non in sede preventiva prima della stipula, ma a posteriori in relazione agli effetti economici scaturiti dal contratto integrativo, tant’ è vero che in caso di verifica negativa ne deriva l’obbligo di recupero nell’ambito della sessione negoziale successiva. 135
Il panorama che si viene delineando, appare di indubbia complessità anche interpretativa, contemplando comunque distinte modalità d’intervento pur sempre finalizzate al recupero di risorse erogate in violazione dei vincoli e limiti posti alla contrattazione decentrata che si possono così riepilogare : la prima in virtù del richiamato comma 3 -quinques dell’articolo 40 come riscritto dall’articolo 54 del d. lgs. 150/2009 ad opera delle Sezioni regionali di controllo della Corte dei Conti in raccordo con la sezione delle Autonomie e con le Sezioni riunite, alle quali compete l’accertamento del superamento dei vincoli finanziari. Violazione che comporta la nullità delle clausole contrattuali difformi ed il conseguente obbligo di recupero, che appare logico ricondurlo ad entrambe le parti contraenti, escludendo una possibilità di intervento unilaterale di revoca in autotutela da parte dell’amministrazione. 136
Seconda eventualità in caso di controllo negativo sulla compatibilità del costo del contratto decentrato integrativo ad opera degli organismi di controllo interno, che comporta comunque l’obbligo di recupero stante l’espresso rinvio alla disposizione precedente. Infine terza ipotesi, solo per le amministrazioni individuate dal comma 2 dell’articolo 40 -bis, a seguito della specifica procedura di controllo per l’accertamento della compatibilità economico finanziaria dalla quale discende, in caso di riscontro negativo, l’impegno per le parti di riprendere le trattative. 137
In conclusione ciò che emerge è un sistema incrociato di verifiche sulla conformità del contratto decentrato integrativo rispetto al CCNL ed alla legge, dal quale discendono una serie di conseguenze che convergono sulla necessità ( oltre naturalmente a sancire misure prettamente sanzionatorie) di imporre alle parti contraenti – pubblica e sindacale – l’onere di riportare in equilibrio con i vincoli di carattere economico finanziario, i costi della contrattazione decentrata. 138
L’IMPATTO DEL DECRETO LEGGE 31 MAGGIO 2010 N. 78 COME CONVERTITO NELLA LEGGE N. 122 DEL 30/7/2010 SULL’APPLICAZIONE DEGLI ISTITUTI INTRODOTTI DAL D. LEGISLATIVO N. 150/2009 INERENTI LA CONTRATTAZIONE Articolo 9 comma 1 Per gli anni 2011, 2012 e 2013 il trattamento economico complessivo (fondamentale ed accessorio), dei singoli dipendenti, siano essi appartenenti alle categorie o alla qualifica dirigenziale. … non può superare in ogni caso il trattamento ordinariamente spettante per l’anno 2010, al netto degli effetti derivanti da eventi straordinari della dinamica retributiva, ivi incluse le variazioni dipendenti da eventuali arretrati, conseguimento di funzioni diverse in corso d’anno, fermo in ogni caso quanto previsto dal comma 21, terzo e quarto periodo per le progressioni di carriera comunque denominate, maternità, malattia, missioni svolte all’estero, effettiva presenza in servizio, fatto salvo quanto previsto dal comma 17 secondo periodo (indennità di vacanza contrattuale) , e dall’articolo 8 comma 14 ( risorse destinate al settore scolastico) 139
La delibera della Corte dei Conti Sezione Regionale di Controllo per il Piemonte n. 51 del 9 settembre 2010 ha definito il concetto di trattamento ordinariamente spettante il limite al trattamento complessivo dei dipendenti pubblici per il triennio 2011 -2013 è dato dal “trattamento ordinariamente spettante”, quello cui il beneficiario ha diritto nell’anno di riferimento. Il che, del resto, è conforme al principio, vigente in materia retributiva in mancanza di espressa deroga, della salvezza dei diritti quesiti. Sono esclusi dal detto limite (“al netto”) gli effetti derivanti da eventi straordinari della dinamica retributiva, le variazioni dipendenti da eventuali arretrati e dal conseguimento di funzioni diverse in corso d’anno. Per quanto riguarda le progressioni di carriera e i passaggi tra aree, queste, invece, per il triennio in questione (2011 -2013) non hanno effetto ai fini economici, ma solo a quelli giuridici (art. 9, comma 21, terzo e quarto periodo). Concludendo, per stabilire il limite al trattamento complessivo dei dipendenti pubblici per il triennio 2011 -2013 dovrà farsi riferimento a quanto giuridicamente spettante, nei limiti di cui sopra, al dipendente pubblico come trattamento economico ordinario per l’anno 2010. 140
Limite quindi riferito al trattamento a cui il soggetto ha diritto indipendentemente dal periodo dell’anno in cui lo abbia maturato : ordinariamente spettante in virtù dell’inquadramento conseguito entro l’anno 2010 e che poi costituirà il limite, al netto di eventi straordinari, per gli anni 2011, 2012, 2013. 141
Articolo 9 comma 2 -bis Nel triennio 1 gennaio 2011/31 dicembre 2013 l’ammontare complessivo delle risorse destinate annualmente al trattamento economico accessorio (il fondo per le risorse decentrate ). . . non può superare il corrispondente importo dell’anno 2010 ed è comunque automaticamente ridotto in misura proporzionale alla riduzione del personale in servizio. Sono vietate quindi ogni eventuale possibilità di integrazione del fondo e quindi il ricorso alle previsioni dell’articolo 15 comma 2 e 5 del CCNL del 1/4/1999 142
Articolo 9 comma 17 Per il triennio 2010/2012 non si dà luogo, senza possibilità di recupero, ai rinnovi contrattuali del personale delle PA. E’ fatta salva l’erogazione della sola indennità di vacanza contrattuale per il corrispondente periodo. Gli istituti introdotti dal d. legislativo 150/2009 che rimandano per la loro applicazione ai rinnovi contrattuali non possono pertanto trovare concreta applicazione, in assenza della previsione contrattuale : • il concetto di trattamento economico accessorio complessivo comunque denominato di cui all’articolo 40 comma 3 -bis del D. lg. 165/2001 come riscritto dall’art. 54 D. lg. 150) • i trattamenti economici accessori collegati alla performance individuale, alla performance organizzativa, all’effettivo svolgimento di attività particolarmente disagiate ovvero pericolose o dannose per la salute (art. 45 comma 3 D. lg. 150 come riscritto dall’art. 57 D. lg. 150) 143
• le apposite risorse destinate , nell’ambito di quelle previste per il rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro, a premiare il merito e il miglioramento della performance dei dipendenti ( articolo 45 comma 3 -bis come riscritto articolo 57 D. lg. 150) • il bonus annuale delle eccellenze ( art. 21 D. lg. 150) Problematica anche l’applicazione delle fasce di merito di cui all’articolo 31 comma 2 del D. lgs. 150 : Ø sia perché in assenza del CCNL manca la definizione del concetto di trattamento economico accessorio collegato alla performance individuale la cui quota prevalente deve essere attribuita al personale dipendente che si colloca nella fascia di merito alta Ø sia perché il limite del trattamento ordinariamente spettante nell’anno 2010, come tetto massimo per le retribuzioni 2011/2013 non consente di incrementare la retribuzione di coloro che si potrebbero collocare nella fascia alta , avendo un riconoscimento maggiore legato alla propria performance individuale 144
Il blocco delle procedure contrattuali per il triennio 2010/2012 di cui all’articolo 9 comma 17 ed il limite al trattamento economico individuale introdotto dal comma 1, pare incidano direttamente anche sulla possibilità di effettuare progressioni di carriera ai sensi dell’articolo 24 del D. lgs. 150 In realtà queste sono concorsi a tutti gli effetti e il vincitore che usufruisce della riserva interna instaura un nuovo rapporto con l’amministrazione , sottoscrivendo un nuovo contratto individuale di lavoro. E’ da parificare ad un nuovo assunto e pertanto non è indice di riferimento per la sua progressione di carriera il trattamento economico complessivo spettante nell’anno 2010. Valgono invece i limiti per le assunzioni, in cui rientrano anche le progressioni di carriera, stabilite dal comma 9 dell’articolo 14 del decreto legge 78/2010 come convertito nella legge 122 che blocca le assunzioni a qualsiasi titolo e con qualsivoglia tipologia contrattuale per gli enti la cui spesa di personale è pari o superiore al 40% delle spese correnti, e limita per i restanti enti la possibilità di fare assunzioni nel 145 limite del 20% della spesa corrispondente alle cessazioni dell’anno precedente
A tal fine le note di lettura emanate dall’Anci riguardo al decreto legge 78, non prevedono il comma 21 dell’articolo 9 come tra quelli di interesse dei comuni. Il comma 21 prevede che “ per il personale contrattualizzato le progressioni di carriera comunque denominate ed i passaggi tra le aree eventualmente disposte negli anni 2011, 2012 e 2013 hanno effetto, per i predetti anni, ai fini eslcusivamente giuridici”. Letteralmente richiama le disposizioni dell’articolo 24 del decreto legislativo 150/2009 e dell’articolo 52 del decreto 165/2001 come riscritto dall’articolo 62 del d. lgs 150, per cui da questo punto di vista sembra riconducibile anche alle ex progressioni verticali. Tuttavia se così inteso si manifesta la sua illogicità e i sui dubbi di costituzionalità in quanto per effetto di un concorso pubblico con riserva al 50% dei posti per gli interni avremo la conseguenza che il vincitore esterno avrà diritto al trattamento economico relativo al posto da ricoprire , mentre l’interno 146 vincitore di concorso avrà diritto solo al trattamento giuridico.
Come si concilia con lo stesso articolo 52 per il quale “il lavoratore deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o alle mansioni equivalenti nell’ambito dell’area di inquadramento ovvero a quelle corrispondenti alla qualifica superiore che abbia successivamente acquisito per effetto delle procedure selettive di cui all’articolo 35 comma 1 lettera a)” E con l’articolo 40 comma 4 del d. legs 165/2001 per il quale “le pubbliche amministrazioni adempiono agli obblighi assunti contratti nazionali o integrativi dalla data della sottoscrizione definitiva e ne assicurano l’osservanza nelle forme previste dai rispettivi ordinamenti” Due soggetti entrambi vincitori di concorso, l’uno esterno e l’altro interno avranno a parità di medesima prestazione lavorativa due diversi trattamenti economici per gli anni 2011, 2012 e 2013. 147
Articolo 14 comma 7 Riduzione delle spese di personale con azioni da modulare nell’ambito della propria autonomia e rivolte, in termini di principio, ai seguenti ambiti prioritari di intervento : • riduzione percentuale delle spese di personale rispetto alle spese correnti attraverso parziale reintegrazione dei cessati e contenimento della spesa per il lavoro flessibile • razionalizzazione e snellimento strutture burocratiche anche con l’obiettivo di ridurre le posizioni dirigenziali • contenimento delle dinamiche contrattazione integrativa di crescita della In caso di mancato rispetto dell’obbligo di ridurre la spesa si applica il divieto di assunzioni a qualunque titolo di cui al comma 4 dell’articolo 76 del decreto legge 112/2008 convertito nella legge 133/2008 148
La individuazione e la disciplina delle materie oggetto della partecipazione sindacale. Le novità introdotte dall’articolo 54 del decreto legislativo di attuazione che esclude dalla contrattazione collettiva le materie oggetto di partecipazione sindacale ai sensi dell’articolo 9 del d. legisl 165/2001 come novellato. La profonda revisione del sistema delle relazioni sindacali trova nell’articolo 54 del decreto legislativo attuativo, che ha sostituito i commi da 1 a 3 dell’articolo 40 del d. legs. 165/2001, il nuovo fondamentale punto di riferimento per la ridefinizione del rapporto legge/contratto e la innegabile compressione degli spazi di intervento della contrattazione collettiva. In virtù del previgente articolo 40 la contrattazione collettiva si svolgeva su tutte le materie relative alle relazioni sindacali e al rapporto di lavoro , comprensive -ai sensi di quanto correlativamente stabiliva il precedente articolo 9 - degli atti interni di organizzazione aventi riflessi sul rapporto di lavoro stesso. La nuova formulazione del primo comma dell’articolo 40 riserva alla contrattazione collettiva determinare “i diritti e gli obblighi direttamente pertinenti al rapporto di lavoro nonché le materie relative alle relazioni sindacali”. 149
Elenca poi tutta una serie di materie che in particolare, in forza di legge, vengono escluse dalla contrattazione collettiva e tra le quali ricomprende anche la individuazione di“quelle oggetto di partecipazione sindacale ai sensi dell’articolo 9”. Disposizione, quest’ultima, che demanda ai contratti collettivi nazionali la “disciplina” dei rapporti sindacali e degli istituiti di partecipazione. Rinvio tra norme che non costituisce certamente un esempio di chiarezza e linearità espressiva della tecnica legislativa e per la cui interpretazione occorre far ricorso all’ausilio dell’articolo 5 comma 2 lettera a) del d. legis 165/2001, anch’esso come variato dall’articolo 34 del decreto legislativo attuativo. Precetto che modifica incisivamente la materia ed attribuisce in “via esclusiva”alla dirigenza le determinazioni per la definizione della micro-struttura e delle misure inerenti la gestione del rapporto di lavoro, “fatta salva la sola informazione ai 150 sindacati, ove prevista nei contratti di cui all’articolo 9”.
In definitiva sembra di poter dire che alla legge è riservato il compito di stabilire quali sono le materie oggetto di partecipazione, come appunto nel caso dell’articolo 5 comma 2 lettera a) che prevede “la sola informazione”, da svolgersi poi secondo le modalità indicate dal CCNL : tempi, modi, forme dell’informazione e quant’altro sia necessario per la sua disciplina di attuazione. Lo scopo, è quello di eliminare perverse e pervasive prassi di cogestione che frequentemente hanno caratterizzato le dinamiche gestionali nel lavoro pubblico. Il rischio è però di cancellare un sistema di relazioni sindacali, da impostare naturalmente sul corretto principio della distinzione dei ruoli, ma anche “partecipativo nel metodo , ossia orientato a prevenire conflitti e a sviluppare la collaborazione delle parti in vista dei fini pubblici dell’attività amministrativa 151
Escludere dalla sfera di competenza della contrattazione collettiva la determinazione delle materie oggetto di partecipazione sindacale, demandando alla legge la loro esclusiva individuazione , se è coerente con l’impostazione di fondo della riforma che vede nel ruolo della legge il rimedio alle distorsioni del sistema, non garantisce dal provocare effetti controproducenti. Se troppo spesso si è assistito a fenomeni di slittamento che hanno provocato un’invasione di campo da parte degli istituti della concertazione per assurgere tra gli spazi di competenza della contrattazione decentrata, le motivazioni vanno ricercate in alcuni elementi di forte criticità che esulano dalla natura intrinseca degli istituti di partecipazione e trovano la loro ragione nella mancata implementazione del processo di riforma della pubblica amministrazione, che nella privatizzazione del rapporto di lavoro ha uno, ma non l’unico, dei suoi capisaldi. 152
Elementi di criticità ben identificabili e che coinvolgono variegati aspetti: la diffusa mentalità delle amministrazioni di intendere la gestione delle risorse umane come strumento di ricerca del consenso, l’assenza di una strategia complessiva di organizzazione e di sviluppo delle risorse umane stante la loro scarsa visibilità esterna, la poca attenzione allo sviluppo degli istituti contrattuali intesi come leva per il miglioramento dell’organizzazione del lavoro e la mancanza di una cultura della gestione delle relazioni sindacali, hanno costituito un freno allo sviluppo del sistema, indipendentemente dalla portata della base giuridica offerta dalla norma ancor prima della sua attuale revisione. 153
La disciplina dei rapporti sindacali e degli istituti di partecipazione da parte del contratto collettivo con esclusione degli atti di micro-organizzazione e di gestione del rapporto di lavoro La nuova formulazione dell’articolo 9 del d. legs. n. 165/2001 ad opera dell’articolo 36 del decreto legislativo attuativo, espunge la possibilità per la contrattazione collettiva di disciplinare i rapporti sindacali e gli istituti di partecipazione anche con riferimento agi atti interni di organizzazione aventi riflessi sul rapporto di lavoro, così come invece stabiliva la precedente versione ante riforma. Disciplina attuativa e del resto conforme ai criteri di delega contenuti nell’articolo 3 della legge delega n. 15 del 4 marzo 2009, che finalizza la modifica delle regole della contrattazione collettiva a garantire il rispetto della ripartizione tra legge e contratto, garantendo alla prima il proprio campo di intervento e sulla base di questa ai conseguenziali atti organizzativi e all’autonoma determinazione dei dirigenti. 154
La precedente formulazione puntava sul rivitalizzare le capacità gestionali dei dirigenti nell’individuare le adeguate opportunità di utilizzo degli istituti di partecipazione previsti dalla contrattazione collettiva, anche per gli atti interni aventi riflessi sull’organizzazione del rapporto di lavoro, ritenendo che solo miscelando al meglio capacità direttive e negoziali si potesse giungere alle più idonee soluzioni, che altrimenti difficilmente avrebbero potuto essere imposte senza una equilibrata gestione del consenso interno e della conflittualità. Con l’intervento riformatore l’attenzione si concentra nel blindare le prerogative dirigenziali, alle quali demanda in via esclusiva l’esercizio dei poteri di micro-organizzazione e gestione del rapporto di lavoro, fatta salva la sola informazione ove prevista nei contratti di cui all’articolo 9. 155
Gli altri istituti di partecipazione escono dagli strumenti di relazione e confronto in ossequio ai principi di ripartizione delle competenze sanciti dagli articoli 32 e 53 del decreto attuativo , che vogliono sottoposta alle sole disposizioni di legge e sulla base di questa agli atti organizzativi e gestionali dei dirigenti, la gestione delle risorse umane e dell’organizzazione del lavoro. Ciò premesso, salvo le significative esclusioni individuate nel primo comma del nuovo articolo 40 , il CCNL determina le materie relative alla relazioni sindacali e ne disciplina i rapporti Su questo punto tutti i comparti hanno originato nel corso del tempo un articolato sistema di relazioni sindacali sostanzialmente uniforme che, sviluppandosi sulla scorta delle originarie previsioni dell’articolo 10 del d. legis 29 del 1993, prevedeva accanto alla contrattazione collettiva procedure di informazione , di esame, di consultazione e di prevenzione e raffreddamento dei conflitti ( in materia di ambiente di lavoro, orario di servizio, mobilità, produttività 156 ecc. . ).
Dopo le modifiche apportate all’articolo dal decreto legislativo n. 80 del 1988 e così confluite nell’articolo 9 del d. legis. n. 165 del 2001, il legislatore aveva rinunciato a disciplinare le forme concrete della partecipazione sindacale attribuendo alla esclusiva competenza della contrattazione collettiva di livello nazionale la disciplina sia dei rapporti sindacali sia degli istituti di partecipazione, stabilendo poi che tali rapporti ed istituti dovevano aver riguardo anche - dunque non solo - agli atti interni di organizzazione aventi riflessi sul rapporto di lavoro L’inversione di tendenza è drastica e maggiore nei suoi contenuti anche rispetto all’originario articolo 10 del d. legis. n. 29/1993 per quanto concerne gli atti interni di organizzazione aventi riflessi sul rapporto di lavoro, dove è ora esclusa tassativamente ogni forma di partecipazione salvo l’informazione 157
Nuova disciplina degli istituti di partecipazione alla quale, alla pari delle altre materie che trovano una diversa ripartizione nelle fonti regolative del rapporto di lavoro, dovranno adeguarsi i contratti collettivi integrativi entro il 31 dicembre 2010, in forza di quanto disposto dall’articolo 65 del decreto legislativo attuativo. In caso di mancato adeguamento gli stessi cesseranno la loro efficacia dal 1 gennaio 2011 e non saranno ulteriormente applicabili. Termini che, come abbiamo visto, per il comparto regioni autonomie locali sono spostati rispettivamente al 31 dicembre 2011 ed al 31 dicembre 2012. In questo lasso di tempo la contrattazione decentrata dovrà essere adeguata per ritrarsi , ad accezione delle sole forme di informazione se previste dal CCNL, e lasciare spazio alla esclusiva competenza dirigenziale per tutto ciò che riguarda l’organizzazione degli uffici attribuiti alla loro titolarità dagli atti di macro-organizzazione, assunti, questi ultimi, dagli organi di governo dell’ente secondo i principi generali fissati da disposizioni di legge ai sensi dell’articolo 2 comma 1 del d. legis. 165/2001 158
Nulla si dice invece in merito alla possibilità di esercitare forme di partecipazione nell’ambito delle procedure di definizione della macro-struttura, fermo restando che siccome l’articolo 40 esclude dalla contrattazione collettiva le materie attinenti all’organizzazione degli uffici e quelle oggetto di partecipazione sindacale, occorre una previsione di legge per introdurre eventuali forme di partecipazione nel processo di determinazione delle linee fondamentali di organizzazione degli uffici…. e nell’individuazione degli uffici di maggior rilevanza, che ai sensi dell’articolo 2 comma 1 del d. legs 165/2001 costituisce appunto il livello di macro-organizzazione o della c. d. “alta amministrazione” che dir si voglia. Disposizione che in realtà è già rinvenibile nell’ articolo 6 comma 1 del d. legis. 165/2001, al momento in cui prevede che “nelle amministrazioni pubbliche l’organizzazione e la disciplina degli uffici, nonché la consistenza e la variazione delle dotazioni organiche sono determinate in funzione delle finalità indicate nell’articolo 1 comma 1, previa verifica degli effettivi fabbisogni e previa consultazione delle organizzazioni sindacali rappresentative ai sensi dell’articolo 159 9”
Nella versione antecedente alle modifiche apportate dal decreto legislativo attuativo, ai sensi del combinato disposto degli articoli 9 e 40 primo comma tale possibilità era rimessa alla contrattazione collettiva nazionale dei singoli comparti. Nel comparto regioni autonomie locali, il CCNL del 1 aprile 1999 stabilisce al comma 3 dell’articolo 7 ( informazione), che ai fini di una più compiuta informazione le parti, su richiesta di ciascuna di esse, si incontrano, con cadenza almeno annuale ed in ogni caso in presenza di iniziative concernenti le linee di organizzazione degli uffici e dei servizi… In definitiva si delinea un sistema in cui la partecipazione sindacale è garantita nella fase di definizione della macro-organizzazione, che è da considerare il livello di espressione più prettamente strategico e funzionale alla realizzazione degli obiettivi programmatici dell’organo di governo, dove forse l’insindacabilità delle scelte, radicate nell’alveo della disciplina pubblicistica, potrebbe meglio giustificare l’esclusione della partecipazione sindacale. Viceversa la si esclude dal livello di micro-organizzazione e soprattutto “per le misure inerenti la gestione del rapporto di lavoro” di pertinenza della dirigenza, dove l’esercizio del potere, di stampo prettamente privatistico, è a più diretto contatto con gli istituti del diritto della contrattazione e dove quindi si giustificherebbe maggiormente un intervento partecipativo delle rappresentanze 160 sindacali. .
Evidentemente, la logica del legislatore della riforma ritiene come imprescindibile priorità il rafforzamento del ruolo del dirigente nell’esercizio delle prerogative datoriali da salvaguardare, in forza di legge, da intromissioni che si reputa potrebbe pregiudicarne la funzionalità ritenuta storicamente fragile. Da ricordare infine che nulla è da ritenere mutato in merito alla titolarità spettante alle rappresentanze sindacali unitarie, che ai sensi dell’articolo 42 comma 7 esercitano in via esclusiva i diritti di informazione e di partecipazione in base alla disciplina definita negli accordi o nei contratti collettivi nazionali che ne regolano l’elezione; se non che disciplina e spazi demandati a tali istituti appaiono significativamente ridimensionati poiché esclusi dall’ambito delle materie determinabili dalla contrattazione nazionale ed esenti - salvo l’eventuale informazione - dal campo di azione delle competenze gestionali della dirigenza. 161
La concertazione, l’informazione e la consultazione Articolo 9 partecipazione sindacale stabilisce che siano i contratti collettivi nazionali a disciplinare le relazioni sindacali, le cui materie sono determinate dalla contrattazione collettiva (articolo 40 comma 1 primo capoverso) e gli istituti di partecipazione le cui materie sono invece escluse dalla determinazione da parte del CCNL( articolo 40 comma 1 secondo capoverso). 162
I metodi della partecipazione, si sviluppano attraverso le tradizionali forme della concertazione, della consultazione e l’informazione che nell’ottica riformista del decreto legislativo attuativo potranno essere svolte solo sulle materie individuate dalla legge o sulla base di questa da atti organizzativi espressione della potestà normativa dei singoli enti e di quelli demandati all’autonoma determinazione dei dirigenti. In realtà la disciplina contrattuale sinora formatasi sul tema della partecipazione sindacale, evidenzia una particolare cautela ed una sostanziale omogeneità nei vari comparti nell’affiancare alla contrattazione collettiva un modello relazionale, che se da un lato salvaguardia la decisione ultima della parte pubblica, tende comunque a cercare una condivisione in grado di temperare il conflitto sindacale, che se non necessaria è comunque da ritenete utile. Il passaggio alla determinazione unilaterale da parte della legge per l’individuazione delle materie oggetto di partecipazione, esautora le parti dal decidere congiuntamente su quali aspetti del rapporto di lavoro tentare la condivisione. 163
In sostanza si tratta di una rilegificazione per ciò che attiene la cernita delle materie oggetto della partecipazione, anche se non della loro disciplina, che sfugge però alla ragione di fondo radicata nella impostazione della riforma sulla necessità di limitare la propensione della contrattazione soprattutto decentrata - ad espandere i propri confini, con particolare riferimento ai limiti di spesa. In questo caso infatti, gli istituti partecipativi non appaiono in grado di paventare rischi del genere, alimentando invece la dialettica tra le parti che comunque non è mai in grado di incidere sul potere unilaterale del datore di lavoro. Il confronto invero non potrà mai assumere carattere negoziale, anche quando dal verbale dell’avvenuta concertazione (la forma “più forte”del modello partecipativo) emerge una convergenza delle posizioni delle parti sulla questione esaminata : l’articolo 8 del CCNL comparto regioni autonomie locali del 1 aprile 1999 come sostituito dall’articolo 6 del CCNL del 22 gennaio 2004 , i stabilisce che dell’avvenuta concertazione “è redatto specifico verbale dal quale risultino le posizioni delle parti”. Significativa la precisazione dell’ultimo capoverso del comma 1 del richiamato art. 8 CCNL regioni - enti locali, che al fine di evitare incongrue sovrapposizioni dei vari istituti, dispone che la procedura di concertazione, nelle materie ad essa riservate non può essere sostituita da altri modelli di relazioni sindacali. 164
Per quanto attiene quindi poi alla valenza propria dei singoli istituti, la concertazione è il metodo tipico del rapporto relazionale con caratteristiche non negoziali. Addirittura nel comparto degli enti locali, il soggetto di parte pubblica che svolge la procedura di concertazione è diverso dalla delegazione trattante deputata alla contrattazione decentrata, a conferma della netta differenziazione dei due istituti : l’articolo 8 del CCNL del /4/1999 come sostituito dall’articolo 6 del CCNL del 22/1/2004 prevede che la parte datoriale è rappresentata al tavolo di concertazione dal soggetto o dai soggetti espressamente designati dall’organo di governo degli enti, individuati secondi i rispettivi ordinamenti. Si sviluppa attraverso una dialettica di confronto in una logica di prevenzione dei conflitti, dalla quale scaturisce in ogni caso, sia che si raggiunga o meno una soluzione condivisa, un atto unilaterale riconducibile alla sola parte datoriale pubblica. Nelle materie oggetto di concertazione la decisone dell’amministrazione non risulta in alcun modo sottoposta al previo accordo con la rappresentanza sindacale, ma è adottata dal datore di lavoro dopo che la procedura concertativa ha, esclusivamente, reso palesi e magari condivise le ragioni ad essa sottese 165
Tribunale dell’Aquila , decisone del 26 ottobre 2002 , per il quale l’istituto della concertazione non è…uno strumento negoziale né tanto meno decisionale, realizzando invece, un’occasione di confronto che serve a porre le basi per una decisone maggiormente partecipata e consapevole, ma pur sempre unilaterale dell’ amministrazione… D’altronde l’istituto si diversifica proprio per tale aspetto dalla contrattazione… che coinvolge un processo effettivamente negoziale. L’informazione: strumento teso ad assicurare la dovuta trasparenza nei rapporti con le rappresentanze sindacali, non ha vincoli particolari di forma, anche se per ovvi motivi di certezza della comunicazione è normalmente effettuata in forma scritta: articolo 7 del CCNL comparto regioni autonomie locali del 1 aprile 1999 Nei casi in cui è esperibile la concertazione, l’informazione costituisce il necessario presupposto per la decorrenza dei termini entro i quali sia le RSU che i rappresentanti delle organizzazioni sindacali di categoria firmatarie del CCNL possono attivarla mediante richiesta, in questo caso necessariamente in forma scritta. Di per se è uno strumento propedeutico a consentire l’intervento della parte sindacale che può sfociare in una richiesta di incontro al quale potrà seguire un apposito verbale nelle ipotesi della concertazione, oppure niente altro che l’occasione per comunicare le informazioni dovute. 166
La contrattazione collettiva vigente la riconduce ad atti a valenza generale con particolare riferimento, per ciò che interessa in questa sede, ai criteri generali per l’organizzazione e la disciplina degli uffici e il rapporto di lavoro, sui quali come abbiamo visto , ai sensi dell’articolo 5 comma 2 del d. legs. 165/2001 come modificato dall’articolo 34 del decreto legislativo attuativo, rimane la sola forma di partecipazione in relazione agli atti di competenza dirigenziale. Infine, la “forma più lieve “ della partecipazione sindacale è rinvenibile nella consultazione, che consiste nella mera acquisizione del parere delle RSU e delle organizzazioni sindacali di categoria firmatarie del CCNL, prima dell’adozione di atti inerenti l’ organizzazione e la disciplina degli uffici nonché la consistenza e variazione delle dotazioni organiche - come nel caso previsto dall’articolo 6 comma 1 del d. legs. 165/2001 -, oppure nelle specifiche fattispecie stabilite dai contratti collettivi di comparto : articolo 7 comma 4 del CCNL comparto regioni autonomie locali del 1 aprile 1999. 167
Complessivamente alla contrattazione collettiva i previgenti articoli 9 e 40 comma 1 del d. legis 165/2001 demandavano il compito di individuare materie e disciplina degli istituti di partecipazione, sia per i livelli di “ alta “ e “bassa” organizzazione, sia per gli aspetti aventi riflesso sul rapporto di lavoro. Ciò nell’intento di determinare, sulle materie non oggetto di negoziato, un punto di equilibrio, per sua natura difficile , tra esercizio del potere amministrativo unilaterale e controllo sindacale, consentendo un giusto contemperamento fra esigenze di tempestività dell’azione amministrativa e ricerca del consenso in materie ad alto tasso di conflittualità. Con la riforma del 2009, la volontà del legislatore delegato si orienta nel senso di volere individuare unilateralmente gli spazi precedentemente riservati dalla contrattazione al confronto ed alla dialettica delle parti, ma dove è bene ricordare non si doveva negoziare la soluzione finale. 168
L’interessante questione interpretativa che si pone in ultimo, è se possa sussistere oltre alla diretta individuazione da parte della legge, anche uno spazio di intervento per gli atti organizzativi statutari e regolamentari e finanche per la potestà unilaterale esclusiva della dirigenza, per la determinazione di ulteriori spazi di partecipazione sindacale. In altri termini, se è possibile per scelta autonoma, che gli organi di governo e la dirigenza in relazione ai rispettivi ambiti di competenza, possano decidere di attivare su determinati aspetti, pur di loro esclusiva pertinenza, forme partecipative per la ricerca del miglior equilibrio gestionale ed organizzativo. Effettivamente l’articolo 40 comma 1 nella sua nuova formulazione, si limita ad escludere dalla contrattazione collettiva le materie oggetto della partecipazione sindacale ai sensi dell’articolo 9, senza indicare quale debba essere il livello di intervento della fonte unilaterale. 169
L’interessante questione interpretativa che si pone in ultimo, è se possa sussistere oltre alla diretta individuazione da parte della legge, anche uno spazio di intervento per gli atti organizzativi statutari e regolamentari e finanche per la potestà unilaterale esclusiva della dirigenza, per la determinazione di ulteriori spazi di partecipazione sindacale. In altri termini, se è possibile per scelta autonoma, che gli organi di governo e la dirigenza in relazione ai rispettivi ambiti di competenza, possano decidere di attivare su determinati aspetti, pur di loro esclusiva pertinenza, forme partecipative per la ricerca del miglior equilibrio gestionale ed organizzativo. Effettivamente l’articolo 40 comma 1 nella sua nuova formulazione, si limita ad escludere dalla contrattazione collettiva le materie oggetto della partecipazione sindacale ai sensi dell’articolo 9, senza indicare quale debba essere il livello di intervento della fonte unilaterale. 170
Tanto più che l’articolo 53 del decreto legislativo attuativo che definisce oggetto, ambito di applicazione e finalità del capo IV in materia di contrattazione collettiva nazionale ed integrativa, introduce disposizioni ( tra cui l’articolo 54 che riscrive l’articolo 40 del d. legs. 165/2001 in esame) finalizzate ad assicurare una migliore organizzazione del lavoro e ad assicurare il rispetto della ripartizione tra le materie sottoposte alla legge, nonché sulla base di questa, ad atti organizzativi ed all’autonoma determinazione di dirigenti, e quelle sottoposte alla contrattazione collettiva. Tuttavia se la possibilità di un intervento unilaterale del dirigente per avviare forme di partecipazione diverse dall’informazione è da ritenere precluso, stante l’espresso vincolo posto dal richiamato articolo 5 comma 2 ; altrettanto non può dirsi per l’introduzione tramite propri atti organizzativi (es. il regolamento di organizzazione interno dell’ente) di forme di partecipazione sindacale in determinate materie, sulle quali non si è pronunciata la legge sia per escluderne la possibilità sia per stabilire direttamente quale debba essere il livello della partecipazione. 171
Certo è che una qualche perplessità emerge proprio in riferimento alle prerogative dirigenziali, che giustamente si vogliono esclusive per tutto quanto riguarda l’organizzazione dei propri uffici e la gestione dei rapporti di lavoro, ma al tempo stesso si preclude la più ampia libertà di valutazione in merito alle modalità ed agli strumenti - eccetto l’informazione ove prevista nei contatti di cui all’articolo 9 – con cui garantire un clima organizzativo idoneo al raggiungimento degli obiettivi assegnati. 172
La delegazione di parte pubblica e la delegazione sindacale. La rappresentatività sindacale nella contrattazione decentrata I soggetti della contrattazione decentrata sono individuati dal CCNL. Sotto questo profilo nulla muta con il nuovo comma 3 -bis dell’articolo 40, per cui il soggetto titolare delle relazioni sindacali per conto dell’ente rimane la delegazione trattante che di norma svolge le proprie funzioni per tutti i livelli delle relazioni sindacali - ad eccezione del comparto regioni enti locali dove per la concertazione è previsto un distinto organismo di rappresenta pubblica - ed il dirigente per l’informazione. 173
Delegazione di parte sindacale I soggetti sono due, le RSU e le organizzazioni sindacali di categoria territoriali firmatarie del CCNL. Continuano ad applicarsi i principi ed i criteri che si sono consolidati sulla materia, a partire dall’interpretazione prevalente che esclude la possibilità di nominare nella delegazione trattante i componenti di organi politici, coerentemente con l’attribuzione in via esclusiva alla dirigenza dei compiti gestionali per tutto ciò che attiene anche alle relazioni sindacali. 174
L’articolo 16 del D. legs. n. 165 / 2001 alla lettera h) attribuisce detti compiti alla dirigenza, così come l’articolo 107 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali - d. legs. 18 agosto 2000 n. 267 – demanda alla dirigenza i compiti di attuazione degli obiettivi e dei programmi definiti con gli atti di indirizzo adottati dagli organi di governo, anche per ciò che attiene gli atti di amministrazione e gestione del personale. Del resto i vigenti CCNL , in conformità con il principio di distinzione tra poteri di indirizzo politico amministrativo e gestionali, introdotto nell’ordinamento dal D. legs. 3 febbraio 1993 n. 29 e prima ancora dalla L. 8 giugno 1990 n. 142 per gli enti locali, escludono decisamente i rappresentanti politici dalla delegazione trattante. In questo senso si è pronunciata anche l’Aran con nota del 7 maggio 2004 n. 4260. oltre che in svariate risposte a quesiti posti e consultabili sul sito istituzionale www. aranagenzia. it. In giurisprudenza si può ricordare l’ordinanza del tribunale di Lamezia Terme - Sez. Lavoro del 26 gennaio 2000 che ha ordinato l’estromissione di un rappresentante politico dalla delegazione trattante, per contrasto con l’art. 10 del CCNL regioni enti locali del 1/4/1999. 175
Organo di governo spetta formulare le direttive e fissare gli obiettivi per la delegazione trattante ed approvare, prima della sottoscrizione del contratto decentrato integrativo da parte del presidente della stessa , l’ipotesi sottoscritta con la delegazione sindacale, andando a svolgere un ruolo analogo a quello assunto a livello nazionale dal comitato di settore. poteri di indirizzo da esercitare in linea ai principi contenuti nell’articolo 4 del D. legis 165/2001 ed ora rafforzati dall’articolo 15 del decreto legislativo attuativo per ciò che riguarda, tra l’altro, il promuovere la cultura della responsabilità per il miglioramento della performance e del merito, che così stretta attinenza hanno con la contrattazione decentrata. 176
La particolare attenzione del legislatore della riforma sul rafforzamento dei poteri datoriali della parte pubblica, si riscontra infine nelle modifiche apportate dall’ articolo 52 del decreto legislativo attuativo al primo comma dell’articolo 53 del D. legis. n. 165/2001 per cui “non possono essere conferiti incarichi di direzione di strutture deputate alla gestione del personale a soggetti che rivestano o abbiano rivestito negli ultimi due anni cariche in partiti politici o in organizzazioni sindacali o che abbiano avuto negli ultimi due anni rapporti continuativi di collaborazione o di consulenza con le predette organizzazioni”. Disposizione che evidentemente non potrà non essere tenuta in considerazione anche per la nomina dei componenti della delegazione trattante di parte pubblica. 177
Per la delegazione trattante di parte sindacale, le RSU costituiscono una rappresentanza che esprime la propria decisione in forma unitaria, per cui in caso di dissenso interno si applica il principio della maggioranza. In ogni caso è rimessa alla loro autonomia interna stabilire le regole di funzionamento, su cui l’ente non ha alcuna possibilità di interferenza L’accordo del 6/4/2004 di interpretazione autentica dell’articolo 8 dell’accordo collettivo nazionale quadro del 7/8/1998 per la costituzione delle RSU per i comparti delle pubbliche amministrazioni e per la definizione del relativo regolamento elettorale ha precisato che: 1. la RSU è uno organismo unitario di rappresentanza dei lavoratori; 2. sul funzionamento della RSU, l'Accordo collettivo quadro del 7 agosto 1998 stabilisce come unica regola che la RSU assume le proprie decisioni a maggioranza dei componenti; 3. le modalità con le quali tale maggioranza si esprime devono essere, eventualmente, definite dalla RSU stessa con proprio regolamento interno; 4. la circostanza che la RSU non si doti di un proprio regolamento, non ne muta la natura, che rimane quella di soggetto sindacale unitario cui si applicano le regole generali proprie degli organismi unitari elettivi di natura collegiale; 5. ne deriva, inoltre, che anche in mancanza di un regolamento di funzionamento, la RSU decide a maggioranza. 178
RSU E’ un organismo autonomo, protetto dagli strumenti di garanzia stabiliti dal titoli III dello statuto dei lavoratori per la tutela della libertà ed attività sindacale, di modo che si deve escludere qualsiasi potere di ingerenza o controllo sul suo funzionamento che si porrebbe in evidente contraddizione con l’autonomia attribuita a questo organismo ai fini della realizzazione della sua funzione di rappresentanza dei lavoratori e di protezione dei loro interessi Corte di Cassazione , Sez. Lavoro, sentenza 21 gennaio 2008 n. 7604. 179
Accanto alle RSU hanno titolo a partecipare alla contrattazione decentrata i rappresentanti di tutte le organizzazioni che hanno sottoscritto il contratto nazionale, a prescindere dalla presenza di iscritti nell’ente. Del caso saranno le stesse a decidere se partecipare o meno alle trattative. In ogni caso, secondo le disposizioni dei CCNL vigenti, il riferimento è da ritenere riconducibile alle OO. SS che hanno sottoscritto il contratto collettivo quadriennale, tempo per tempo, vigente. Infatti, spiega l’Aran nelle linee di indirizzo contenute nella deliberazione del n. 15 del 19 marzo 2009, ove si registri una differenziazione tra le parti firmatarie del contratto collettivo quadriennale e quelle che sottoscrivono il secondo biennio economico, in base anche al principio generale dell’inscindibilità del contratto collettivo, appare corretto affermare che il contratto collettivo nazionale ingloba l’accordo sul secondo biennio economico, con la conseguenza che i soggetti sindacali che lo hanno stipulato diventano parti del contratto collettivo nazionale. Disposizione tesa a far chiarezza nell’interpretazione delle clausole dei CCNL, che facendo riferimento alle OO. SS legittimate alla contrattazione integrativa, devono intendersi comprensive sia di coloro che hanno firmato il CCNL quadriennale ed il primo biennio economico, sia di quelle firmatarie del solo secondo biennio economico. 180
Fabrizio Mascagni mascagni. f@libero. it 181
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